Eric Nicoli, presidente della major inglese EMI, sembra convinto del fatto che la EMI possa proseguire proficuamente il suo cammino da sola, in un settore che sembra destinato a nuovi sconvolgimenti per effetto di fusioni e concentrazioni alle porte. Lo ha ribadito mercoledì scorso, 10 dicembre, nel corso della sua ultima relazione agli investitori del gruppo, durante la quale ha voluto esprimere ancora una volta il suo ottimismo circa le prospettive del mercato musicale. “I nostri incrementi nell'ultimo trimestre”, ha detto Nicoli, “sono certamente stati condizionati dalle nostre pubblicazioni discografiche recenti: ma dimostrano una volta di più che quando c'è buona musica in giro i consumatori la comprano”. <br> Davanti ai suoi interlocutori di riferimento, Nicoli ha anche voluto ridimensionare le voci che vorrebbero la EMI intenzionata a condurre in porto un “merger” con una società discografica concorrente, dopo che nell'operazione Warner è stata bruciata sul filo di lana da un “pool” finanziario capeggiato da Edgar Bronfman Jr. (vedi News). “Una fusione con Warner sarebbe stata desiderabile, ma non impegnativa”, ha chiosato il manager inglese. “E in ogni caso la cifra che Bronfman è stato disposto a pagare (2,6 miliardi di dollari, vedi News) dimostra che non siamo gli unici a credere nel futuro dell'industria musicale e che la nostra casa discografica vale più di quanto dicano la Borsa e le valutazioni correnti del mercato”.