L’altra faccia della medaglia: mentre le case discografiche, che l’hanno fortemente voluto, plaudono all’introduzione di un sistema di prezzi variabili su iTunes (vedi <a href="http://www.rockol.it/news-100267/iTunes,-discografici-soddisfatti--'Con-i-nuovi-prezzi-inventiamo-nuovi-prodotti'"target="_blank" class="newsLink">News</a>), le prime reazioni dell’opinione pubblica (soprattutto americana) sembrano decisamente meno favorevoli. L’iniziativa della Apple, alla prova dei fatti, viene criticata da blog e siti specializzati come Engadget, MediaMemo, Ars Technica, Gizmodo e lo stesso Unofficial Apple Weblog, che già esprimono nostalgia nei confronti della semplicità del vecchio sistema (tutte le canzoni in vendita a 99 centesimi) puntando il dito sulla apparente sproporzione tra titoli a prezzo maggiorato (un terzo delle Top 100 americane, il giorno dell’entrata in vigore del nuovo listino) e brani di catalogo ribassati a 69 centesimi: un mazzo eterogeneo di 23 canzoni rock, in prima battuta, che include “Blue suede shoes” di Elvis Presley, “Cover me” di Bruce Springsteen, “London calling” dei Clash e “The perfect drug” dei Nine Inch Nails accanto a pezzi di Cheap Trick, Todd Rundgren, Hall & Oates, Counting Crows, Hole, Motley Crue, Korn e Boston (il pacchetto complessivo costa 15,87 dollari). <br> Interessante l’osservazione di Russ Crupnick, analista dell’NPD Group: siccome il 60 % o poco meno dei teen ager americani compra solitamente su iTunes utilizzando carte regalo prepagate, è improbabile che gli stessi finiscano per spendere di più a dispetto delle offerte promozionali e dell’incremento di prezzo dei brani di successo; di conseguenza, Crupnick non si aspetta grandi variazioni nei volumi di vendita complessivi e nella quota di mercato di iTunes.