Alcuni grandi network americani starebbero boicottando gli artisti che si sono espressi pubblicamente a favore del pagamento di una royalty da parte delle radio, rifiutandosi di trasmettere le loro canzoni: lo sostiene l’organizzazione musicFIRST Coalition, che sulla vicenda ha invitato la Federal Communications Commission (l’<i>authority</i> delle comunicazioni americana) ad aprire un’inchiesta. Negli Stati Uniti, diversamente da quanto succede in Europa, le radio non sono tenute a pagare una <i>performance royalty</i> a case discografiche e artisti interpreti per la diffusione di musica registrata; e il progetto di introdurre per legge un diritto all’equo compenso ha innescato un acceso dibattito pubblico seguito, a quanto pare, da concrete ritorsioni. “Per più di ottant’anni le emittenti radiofoniche hanno usato le opere di artisti e musicisti senza remunerarli in alcun modo, e ora utilizzano le frequenze pubbliche per i loro scopi personali” sostiene la direttrice esecutiva di musicFIRST Jennifer Bendall, facendo riferimento alle campagne anti-royalty promosse sull’etere dalla National Association of Broadcasters. musicFIRST elenca diversi casi in cui le radio avrebbero “giocato sporco”, ma evita di fare i nomi degli artisti boicottati perché pubblicamente impegnati nella campagna pro-royalty: la Associated Press tuttavia ha avanzato l’ipotesi che tra i danneggiati ci siano gli <a href="http://www.rockol.it/artista/U2">U2</a>, il cui singolo “Get on your boots” ha effettivamente riscosso un’accoglienza molto tiepida da parte delle radio americane.