La rivoluzione digitale stenta a decollare, nel mercato “ufficiale” della musica, e forse non è neppure dietro l’angolo. Neppure in un paese musicalmente avanzato come il Regno Unito dove, secondo una ricerca di mercato appena pubblicata da The Leading Question/Music Ally, la maggioranza dei consumatori resta affezionata al compact disc: il 73 % degli intervistati lo preferisce ancora ai download e agli altri supporti digitali, e la percentuale dei “tradizionalisti” è sorprendentemente maggioritaria, il 66 %, anche tra il pubblico giovane di età compresa tra i 14 e i 18 anni. L’acquisto di cd supera la media nazionale (ed è un’altra sorpresa) anche tra i frequentatori abituali dei servizi digitali in streaming e in abbonamento (16,87 sterline al mese per gli utenti di <a href="http://www.rockol.it/search.php?s=Napster&x=28&y=9" target="_blank" class="newsLink">Napster</a> e 12,17 per i clienti di <a href="http://www.rockol.it/search.php?s=Spotify&x=17&y=9" target="_blank" class="newsLink">Spotify</a>, contro le 11,37 sterline degli altri). E anche tra chi si procura musica illegalmente prevalgono gli amanti del cd: il 23 % preferisce masterizzarla su dischetti, mentre solo il 17 % si limita a tenerla sul computer sotto forma di file MP3. “La continua popolarità del cd dovrebber essere vista come un’opportunità”, secondo l’ad di Leading Question Tim Walker. “Noi riteniamo che le etichette e i negozi on-line potreebbero e dovrebbero fare di più per usare il cd come un ponte verso il mondo digitale”. <br> “Siamo in un business in cui il 70 % del consumo di musica è digitale, eppure solo il 20 % circa dei ricavi delle case discografiche proviene da quel settore”, ha osservato qualche giorno fa il ceo di EMI Music Elio Leoni Sceti. “La domanda continua a crescere, ma ovviamente abbiamo perso contatto con i nostri consumatori: dobbiamo ascoltare i loro bisogni e i loro desideri e mettergli a disposizione i prodotti e servizi che vogliono acquistare”.