<p class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt"> La federazione internazionale dell’industria discografica non perde tempo nel ribattere alla ricerca inglese, commissionata dall’Internet provider Virgin Media, <a href="http://www.rockol.it/news-103881/Chi-scarica-(illegalmente)-compra-più-dischi--lo-dice-una-ricerca-inglese">secondo cui i downloader illegali sono anche i maggiori consumatori di musica</a>. Il rapporto redatto da Ipsos per conto del think tank britannico Demos, sostiene l’IFPI, “evidenzia il fatto ovvio che molti downloader illegali sono appassionati di musica e ne comprano più di quanto faccia il consumatore medio. Non prova però che il downloading illegale promuova le vendite di prodotti legittimi: al contrario, l’effetto netto del file sharing sull’acquisto di musica è estremamente negativo come dimostrano numerosi studi indipendenti realizzati in tutto il mondo”.<span style="mso-spacerun: yes"> </span></p> <p class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt"> La stessa Ipsos, aggiunge l’IFPI, ammette di “non poter inferire che il downloading illegale incoraggi realmente le vendite legali, ma semplicemente che i downloader sono più interessati alla musica in generale (e senza la pirateria potrebbero aver speso più di 77 sterline all’anno pro capite). La ricerca mostra piuttosto che pirateria e acquisto di prodotti legali non si escludono affatto a vicenda”.<span style="mso-spacerun: yes"> </span>A sostegno delle sue tesi, oltre a vari altri studi in materia, la federazione dei discografici porta le cifre del mercato: nel Regno Unito la spesa media pro capite per dischi e prodotti musicali è scesa dalle 75 sterline del 2004 alle 61 del 2008; nello stesso periodo il fatturato della musica registrata è calato da 1,25 a 1,01 miliardi di sterline.<span style="mso-spacerun: yes"> </span></p> <p class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt"> <span style="mso-spacerun: yes"> </span></p>