Musica gratuita in streaming? No, grazie, preferiamo i servizi a pagamento (come iTunes) che garantiscono royalties più sostanziose ai titolari dei diritti. Questo in sostanza il pensiero espresso da Stephen Bryan, senior VP per lo sviluppo del business digitale di Warner Music Group, durante un panel sul tema tenutosi al Midem di Cannes. “Come casa discografica, vogliamo fare di più per rendere i servizi a pagamento il più attraenti possibili nei confronti delle opzioni gratuite”, ha spiegato Bryan ricalcando il pensiero più volte espresso dal suo “boss” Edgar Bronfman Jr. e le perplessità di molti discografici americana nei riguardi del modello di business di imprese come MySpace Music e Spotify. “La preoccupazione, nel caso delle piattaforme finanziate dalla pubblicità, è di renderle abbastanza interessanti da convincere i consumatori a passare all’offerta a pagamento”, ha aggiunto il dirigente Warner. Commentando la notizia, Glenn Peoples di Billboard.biz osserva che si tratta di trovare un difficile punto di equilibrio: le case discografiche non possono abbassare più di tanto la guardia, quando si tratta di negoziare le percentuali di royalty con le piattaforme gratuite (il rischio è che si “siedano”, evitando di sfruttare al meglio i propri asset e la propria base utenti); se alzano troppo il tiro, d’altra parte, rischiano di soffocarle sul nascere. Secondo David Jones, ceo della multinazionale del settore pubblicità e comunicazioni Havas Worldwide, il sistema basato sulle interruzioni pubblicitarie dello streaming (come in televisione: per continuare ad ascoltare musica gratuitamente si accetta di assistere uno spot) è destinato al fallimento. “Non credo molto nel modello della musica finanziata dalla pubblicità. Ma qualcuno prima o poi scoverà un sistema migliore di farlo, e quel qualcuno farà un sacco di soldi”.