Anche se ultimamente le sue strategie antipirateria sono mirate a coinvolgere governi e internet service provider nella lotta alla distribuzione illegale di musica on-line, l’industria discografica internazionale non sembra avere rinunciato del tutto all’idea di perseguire in giudizio i file-sharer. “Costa un sacco di soldi”, ha ammesso l’ad della federazione dei discografici inglesi Geoff Taylor durante un convegno sulla musica digitale al Midem di Cannes appena concluso, ricordando che la sua associazione ha portato in tribunale circa 150 persone con l’accusa di avere violato i copyright. “Però”, ha subito aggiunto, “c’è gente che reagisce solo se viene portata in giudizio. Detto questo, non è una cosa che si può fare con milioni di persone e preferiamo ricorrere ai metodi educativi”. Cinque anni fa, ha spiegato Taylor, la linea dura contro i privati cittadini che fanno largo uso delle reti p2p venne decisa perché all’epoca “gli ISP non erano pronti a collaborare con noi nella lotta alla pirateria on-line”. Francia, Taiwan e Corea del Sud hanno già emanato leggi che obbligano i service provider a prendere provvedimenti contro il file sharing su larga scala, e anche il Regno Unito sembra avviato su questa strada. In Spagna, il Paese europeo con i più alti livelli di pirateria, il governo ha presentato un disegno di legge che propone l’oscuramento in tempi rapidi (4 giorni) dei siti che consentono il download illegale, previa un avvertimento e l’ordinanza di un giudice.