I dubbi sulla solvibilità finanziaria della EMI e sulle prospettive future della casa discografica, scrive il Financial Times, mettono a rischio i suoi rapporti con gli artisti e i loro manager. Significativo il parere espresso da Jonathan Shalit, manager di Jamelia, che al quotidiano finanziario inglese ha spiegato che in questo momento “è difficile consigliare a un tuo cliente di firmare per la EMI. Sarebbe un po’ come suggerire a qualcuno di comprarsi una Toyota”. Altri manager e avvocati del settore musicale con cui il Financial Times è entrato in contatto esprimono – in forma anonima, e senza esporsi di persona – opinioni simili, ammettendo che la EMI, allo stato attuale delle cose, non rientra nelle opzioni prese in considerazioni da numerosi artisti che si trovano a negoziare un nuovo contratto discografico. Ma c’è anche chi è disposto a spendere una buona parola per la major, e tra questi Tim Clark: il manager di Robbie Williams, in passato poco tenero nei confronti di Terra Firma e di Guy Hands (che aveva accusato di comportarsi come “il proprietario di una piantagione”), ha ammesso di essere “incredibilmente soddisfatto” del modo in cui la casa discografica ha lavorato l’ultimo album dell’ex Take That. Anche Gary Borman, manager dei Lady Antebellum appena premiati negli Usa da un milione di copie vendute, è soddisfatto della collaborazione con la Capitol Nashville. “La stabilità finanziaria a lungo termine della EMI”, ha spiegato, “non mi preoccupa più di tanto. La casa discografica sta facendo un buon lavoro”. A dispetto della situazione difficile, la major inglese ha incrementato la sua quota di mercato negli Stati Uniti di quasi tre punti percentuali arrivando a quota 12,8 %,. Nel frattempo, prosegue intensamente la sua attività di ricerca e sviluppo in tutto il mondo: negli ultimi diciotto mesi, scrive l’FT, ha messo sotto contratto circa 200 artisti.