Conviene, agli Internet Service Provider, conservare una posizione agnostica diffondendo contenuti piratati in Rete? O sarebbe più conveniente, per loro, incorporare servizi di musica digitale legale nei pacchetti offerti alla clientela? Uno studio commissionato dall’associazione dei discografici inglesi BPI alla società di ricerche Ovum sostiene questa seconda tesi: se tutti i maggiori ISP britannici – BT, O2, Orange, Sky, TalkTalk, oltre a Virgin Media che lo ha già fatto – nel corso del 2010 includessero servizi musicali nelle offerte di abbonamento alla banda larga, un tasso di “adozione media” da parte del pubblico potrebbe portare nelle loro casse 103 milioni di sterline da qui al 2013. Non solo: la disponibilità in bundle di contenuti musicali e d’altro tipo ridurrebbe anche in misura sostanziale il turnover dei clienti che decidono di non rinnovare l’abbonamento. Ovum è giunta a queste conclusioni intervistando Internet Service Provider, gestori di servizi di musica digitale, fornitori di contenuti e altri operatori del settore. “E’ sempre più evidente che non è intelligente comportarsi come un semplice ‘dumb pipe’ (un vettore “muto”, o “stupido”, che non interviene sul fronte dei contenuti). Questo studio dimostra che il potenziale reddituale dei servizi di musica digitale avrebbe di per sé un senso economico per i service provider” sostiene l’amministratore delegato della BPI Geoff Taylor, invitando gli ISP a passare definitivamente dalla parte della musica digitale legale e dell’industria discografica.