Andrew Dubber è un nome noto tra gli addetti ai lavori, non solo britannici: ricercatore e professore universitario a Birmingham (con un corso in Innovazione delle Industrie Musicali), programmatore radiofonico, produttore discografico, fan e collezionista di vinili jazz, direttore dell’organizzazione New Music Strategies, cofondatore del Music Think Tank nonché consulente on-line di imprese musicali e di artisti come UB40 e Nithin Sawhney. Non è dunque passata inosservata la proposta, lanciata sul suo blog, di trasformare la EMI in un’impresa pubblica. “EMI ha bisogno di trovare 150 milioni di sterline entro la settimana prossima al fine di impedire a Citigroup di assumere il controllo”, scrive Dubber. “Ma le scelte disponibili non sono soltanto la bancarotta o la collusione. C’è una terza via: la EMI potrebbe essere nazionalizzata”. Secondo Dubber, “i paralleli tra il boss della Lehman Richard Fuld che diciotto mesi fa cercava di concludere affari dell’ultimo minuto e ad ogni costo e l’attuale situazione della EMI sono quantomeno sorprendenti”. Di qui la sua proposta: un intervento pubblico che “preservi una grossa fetta della cultura musicale popolare della nazione, regoli l’industria prevenendo eccessi scandalosi e assicuri che la società agisca nell’interesse del pubblico, invece che in funzionedelle motivazioni di profitto (profondamente fallite) dei suoi azionisti”.