La prima mina sul Salone della Musica di Torino l’ha tirata Mauro Pagani, ex-violinista della PFM e produttore affermato ormai da diversi anni (tra i suoi lavori ricordiamo gli splendidi album "Creuza de ma’" e "Le nuvole", entrambi al fianco di Fabrizio De Andrè). Nel corso dell’incontro avvenuto presso lo stand Mescal e intitolato "Come nasce un disco" è stato infatti possibile tracciare un profilo dell’attività del produttore, grazie all’intervento di 3 ‘specialisti’ del settore, Mauro Pagani, Max Casacci (Subsonica) e ‘Caba’ Cavazzuti (Modena City Ramblers). Se Max Casacci ha spiegato il proprio ruolo in modo abbastanza tecnico, sottolineando l’importanza di non prendere a riferimento soltanto e sempre i modelli stranieri, Mauro Pagani si è fermato a parlare più diffusamente del ruolo del produttore, coinvolgendo anche la discografia. "Il problema, oggi, non è più soltanto quello del produttore", ha detto Pagani, "perché in realtà di dischi se ne producono molti anche in Italia. Il vero collo di bottiglia è rappresentato dalla promozione della musica, promozione che vede le case discografiche completamente in balìa delle radio più importanti o, ancora peggio, in combutta con loro. Spesso le direzioni artistiche delle case discografiche pagano i passaggi dei brani che hanno intenzione di spingere, previa accordi con le radio, alle quali fanno ascoltare i brani ancora prima di pubblicarli. Per incentivare i passaggi arrivano persino ad offrire - e le radio a pretendere - delle coedizioni sui brani, in modo tale da guadagnare comunque anche dalla semplice programmazione. In più il gusto dei radiofonici influenza comunque i discografici, e così siamo arrivati all’assurdo che spesso si paga per promuovere un disco realizzato già per piacere alle radio. In tutto ciò c’è sicuramente qualcosa di sbagliato". Soffermandosi a parlare poi di quanto la scelta dei responsabili alla programmazione o dei selezionatori artistici influisca sulla produzione artistica, Pagani ha detto: " Ad esempio, per quanto riguarda la selezione relativa ai giovani per il Festival di Sanremo, adesso uno come Boncompagni si trova a decidere indirettamente la politica delle case discografiche: a lui e agli altri componenti arrivano le proposte, per le quali agli artisti sono stati fatti firmare dei semplici contratti di prelazione, senza alcun impegno, e sulla base delle loro scelte le major decidono che confermare e chi tenere a casa per sempre. A parte il fatto che uno come Boncompagni credo possa essere esperto di qualsiasi cosa tranne che di musica giovanile, il sistema mi sembra totalmente errato e messo in mano a chi la musica la promuove, piuttosto che a chi la fa".