Stanti le norme attualmente in vigore nell’ordinamento italiano, ai service provider non può essere richiesto di bloccare l’accesso a siti illegali né di fornire i nominativi degli utenti che scaricano da Internet materiali protetti dal copyright: lo ha deciso, con una sentenza che farà molto discutere, il Tribunale di Roma in merito a una vertenza che vede contrapposti Telecom Italia e Fapav, la federazione antipirateria audiovisiva. La causa aveva preso origine dopo che la Fapav aveva richiesto all’operatore telefonico di rivelare i nominativi di decine di migliaia di abbonati responsabili del download illegale di circa 2,2 miliardi di file da network come BitTorrent e eMule. Telecom si era opposta invocando la tutela della riservatezza e della privacy, e la decisione del Tribunale ha accolto la sua tesi negando l’obbligo del provider di esercitare un’attività di “polizia” sul Web: secondo il giudice, anzi, Telecom “non solo non avrebbe dovuto ma nemmeno avrebbe legittimamente potuto interrompere il servizio, non essendo responsabile delle informazioni trasmesse (…) ed essendo contrattualmente tenuta alla prestazione”. Solo l’autorità giudiziaria, ha concluso il giudice, ha facoltà di imporre a un ISP l’obbligo di comunicare i nominativi dei suoi utenti. Ciò nonostante, la sentenza è stata commentata positivamente dalla SIAE: “La sentenza sul caso Telecom”, scrive sul suo sito la società degli autori, “è innovativa e importante per Internet e il diritto d’autore. Stabilisce infatti che, in caso di conoscenza di attività illecite a danno degli autori, il prestatore dei servizi Internet (ISP) ha l’obbligo di informare senza indugio l’Autorità Giudiziaria o Amministrativa di Vigilanza, affinché possano essere attivati gli ulteriori obblighi di protezione ad essi spettanti”.