Piccoli progressi, ma concreti: nel corso del 2009 l’industria discografica britannica ha risollevato timidamente la testa dopo cinque anni di recessione, chiudendo l’anno con un modesto ma tutto sommato confortante + 1,4 % in termini di fatturato (928,8 milioni di sterline, secondo i dati raccolti, elaborati e pubblicati dall’associazione di categoria BPI). A stimolare la ripresa, particolarmente forte nell’ultimo e decisivo trimestre dell’anno, è stato ovviamente il comparto digitale, + 47,8 % sull’anno precedente; download alla carta o in abbonamento, servizi per telefonia mobile e piattaforme di streaming valgono oggi complessivamente il 20,3 % dei ricavi generati dalla musica registrata nel Regno Unito. Per il sesto anno consecutivo sono invece calate le vendite di supporti fisici (739,9 milioni di euro, - 6,1 %): a risollevarne le sorti non sono bastate le ristampe del catalogo dei Beatles né gli hit di Lady Gaga, Susan Boyle, Michael Bublé o Robbie Williams. L’amministratore delegato di BPI Geoff Taylor ci tiene tuttavia a sottolineare la relativa, e inattesa, tenuta del cd mentre la sorpresa più positiva dell’anno arriva dal dvd musicale, che tutti davano per morto e che invece ha registrato un incremento di vendite del 16,1 % (33,1 milioni di sterline) grazie a best seller come “The circus – Live” dei Take That. Un altro dato interessante riguarda l’incidenza dei nuovi modelli di business: i ricavi generati da servizi in abbonamento come eMusic, Comes With Music (Nokia), Napster, BT Vision e Spotify Premium salgono del 37,2 % per un fatturato pari a 11,8 milioni di sterline, mentre dallo streaming gratuito su piattaforme come Spotify, YouTube e Last.fm , + 247 %, l’industria incassa 8,2 milioni di sterline: meno dell’1 %, comunque, del suo attuale giro d’affari.