Internet Service Providers e siti Web sono corresponsabili delle violazioni di copyright compiute dai loro utenti? La giurisprudenza in merito resta poco chiara, in virtù di sentenze che di volta in volta suffragano o contraddicono questa tesi. Qualche giorno fa, per esempio, la Corte di Appello di Dusseldorf ha ribaltato una condanna di primo grado emessa nei confronti del noto sito svizzero RapidShare, attraverso il quale erano state distribuite copie pirata di film come “American crime” e “Eagls vs. shark”; secondo i giudici tedeschi la società non può essere ritenuta responsabile per le azioni compiute dai suoi clienti né può verificare la natura dei file scambiati attraverso la piattaforma senza violare le leggi locali che garantiscono la libertà e la privacy dei cittadini. A loro giudizio, la maggior parte del pubblico utilizzerebbe RapidShare per motivi perfettamente legali, il controllo manuale dei file sarebbe praticamente impossibile e l’uso di filtri automatici antipirateria non solo risulta facilmente eludibile ma viola le norme che consentono ai privati di effettuare copie di back up dei propri file. La responsabilità di eventuali violazioni, aggiungono i giudici, ricade solo sugli utenti, dal momento che il sito non gestisce motori di ricerca o indici che rendano pubblicamente accessibili i file archiviati sulla piattaforma e che sono i singoli utilizzatori a decidere se pubblicare un link ai file che hanno caricato sul servizio. Spesso nel mirino dei detentori dei diritti e delle case discografiche, RapidShare ha ultimamente lanciato segnali di distensione nei loro confronti, dichiarandosi disposta a collaborare nella vendita on-line di contenuti legali; in dicembre ha anche inagurato un servizio legale di download di pellicole cinematografiche.