Il modello della music subscription, così come lo si è concepito fino ad oggi, sta entrando irreversibilmente in crisi? Le performance balbettanti di servizi consolidati come Napster e Rhapsody sembrano confermarlo. Quest’ultima, in particolare, sta perdendo per strada quote significative di abbonati: erano 800 mila nel primo trimestre del 2009, erano scesi a 675 mila alla fine dello stesso anno e a fine marzo 2010 sono ulteriormante calati a 650 mila; rispetto al trimestre precedente, dunque, il calo è pari al 3,7 %; ma rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso la flessione è dell’ordine del 18,8 %. Tra i servizi di streaming musicale, quello più in salute sembra al momento lo svedese Spotify, che ancora non ha debuttato negli Stati Uniti (e neanche in Italia), ma che nei sei Paesi in cui è in funzione vanta già 300 mila abbonati a pagamento (cui vanno aggiunti i sette milioni di utenti dell’offerta gratuita finanziata dalla pubblicità). Con un catalogo molto più limitato e senza opzione on-demand, d’altra parte, Pandora è l’unico player del settore ad avere raggiunto a fine 2009 l’attivo di bilancio: il segreto del suo successo è la popolarità della sua applicazione per iPhone, lanciata poco meno di un anno e mezzo fa. Con gli operatori tradizionali in stallo, case discografiche ed editori musicali sperano in una ventata fresca e nell’ingresso di nuovi operatori: iTunes, ovviamente, ma anche Internet Service Providers e produttori di lettori portatili concorrenti della Apple.