Perennemente sotto scrutinio per le voci ricorrenti che la danno prossima a una vendita o a un nuovo passaggio di proprietà, la EMI continua nondimeno a lavorare, a produrre hits, a mettere artisti sotto contratto, a trasformarsi con l’obiettivo di diventare un’azienda di servizi musicali a tutto campo generando fonti di ricavo alternative: la chiave di volta di questa “rivoluzione” interna, avviata negli Stati Uniti due anni fa, si chiama EMI Music Services, divisione che si occupa appunto di fornire servizi di varia e flessibile natura a soggetti terzi, artisti ed etichette indipendenti. Il neo promosso executive vice president per il Nord America Dominic Pandiscia e il vice president per l’Europa Michael Roe sono passati nei giorni scorsi in Italia, approfittandone per illustrare filosofia, modus operandi e obiettivi del reparto che presiedono e che già ha instaurato proficui rapporti di collaborazione, sul territorio statunitense, con artisti rock di grosso calibro come Peter Gabriel e Slash e con protagonisti di punta della scena “urban” come Raekwon, Twista, Scarface e Bobby Valentino (cui si è aggiunto ora anche Ice Cube). “Rispetto a due anni fa”, spiega Pandiscia, un veterano della EMI con vent’anni di esperienza a capo dei reparti commerciali di Capitol e Virgin, “la struttura della EMI è completamente cambiata, scomponendosi in tre distinte unità di business: una dedicata allo sfruttamento del catalogo, una alla ‘new music’ e all’A&R e una, appunto, ai Music Services, divisione che genera ricavi per tutta l’azienda. Il reparto che io e Mike guidiamo, Label Services, offre ad artisti ed etichette, in cambio di una fee, un servizio a valore aggiunto: non solo sul fronte della pura distribuzione ma anche in termini di marketing. In funzione delle esigenze specifiche di ciascun partner, ci occupiamo anche della promozione radiofonica, delle azioni pubblicitarie, del marketing non tradizionale, dei video (è il caso di Slash). Ma anche, a richiesta, di numerosi altri servizi: contabilità royalty, assistenza nella vendita del merchandising, promozione delle brand partnerships, delle sincronizzazioni e del licensing (come nel caso dei Jet). L’aspetto cruciale è che all’interno della EMI queste attività vengono svolte dallo stesso team che si occupa del repertorio e degli artisti che fanno parte del nostro roster. I partner esterni hanno dunque accesso alle stesse identiche risorse; ogni artista ha la possibilità di scegliere il ‘livello di ingresso’ che più gli aggrada nella società firmando con noi un contratto artistico o di servizio. Quando un artista o un’etichetta firma con noi sa di poter contare su uno staff dedicato dalla mentalità e dalla filosofia ‘indie’, ma anche di poter fare affidamento su tutte le risorse di cui solo una major può disporre”. I primi risultati? “Troppo presto per parlare di fatturati, posso solo dire che gli incrementi in termini di ricavi e di quote di mercato sono sostanziali e progressivi. Negli Stati Uniti, dove per ora si è concentrata la maggior parte del business, in 14 mesi abbiamo portato cinque nuovi artisti nella Top 5 e due nella Top 3. Un’etichetta come la Vanguard ci ha chiesto aiuto per trasformare un suo artista, Matt Nathanson, in una pop star: con il nostro appoggio la sua ‘Come on get higher’ è entrata nella Top 20, superando abbondantemente il milione di copie scaricate da Internet; e l’album, che fino a quel momento aveva venduto 75 mila copie, ha superato le 200 mila”. Anche in Europa le cose hanno cominciato a muoversi “Il norvegese Alexander Ryback, che aveva vinto lo scorso anno l’European Song Contest, ha avuto successo in diversi Paesi europei”, spiega Roe (lui pure uomo Virgin e poi EMI di lunga data). “In Inghilterra abbiamo portato in cima alle classifiche gli Hadouken!, in Francia abbiamo venduto oltre un milione di cd e dvd con il charity album ‘Resto du coeur’. Abbiamo rapporti consolidati con etichette come Century Media, una delle maggiori realtà mondiali del metal, e anche i vostri Lacuna Coil sono diventati di conseguenza una nostra priorità internazionale. Siamo diventati un’alternativa per chi non vuole seguire la strada tradizionale, per chi desidera conservare il controllo della produzione e dell’A&R e al tempo stesso approfittare delle nostre competenze. EMI Services è una fonte di ricavi per l’azienda, ma i ricavi dipendono dalla qualità del servizio. Abbiamo trascorso un anno intero a sviluppare un sistema e un’infrastruttura in grado di assicurare un servizio a livello globale, con i Blake e con etichette come la Seven Eleven abbiamo dimostrato che il concetto funziona e ora siamo pronti a valutare altre proposte di collaborazione. Senza esagerare, però: in Europa finora abbiamo firmato una trentina di contratti, vogliamo mantenere il business entro livelli di gestibilità e puntiamo solo sui progetti in cui crediamo”. La struttura si sta sviluppando anche in Italia, con la recente nomina di Claudia Lisa, già vp Europe Digital Development, al ruolo di vice president Music Services, Italy (a lei riportano il direttore commerciale Fulvio Omegna, il New Business Development manager Giovanni Casalucci, il Digital Sales manager Enrico Pugni e la Synch & Licensing manager Fiorella Legnani). “Queste prime settimane”, spiega Lisa, “le stiamo impiegando per riorganizzarci e individuare opportunità che fino ad oggi non erano state in cima alle priorità, focalizzando l’attenzione sui servizi, sulle sincronizzazioni, sul merchandising, coordinando le attività con i retail partners in vista delle numerose uscite in programma”. “Il modo in cui ci siamo riorganizzati a livello internazionale”, aggiunge il presidente di EMI Music Italy Marco Alboni, “ci permette di comunicare rapidamente tra di noi, da una parte e l’altra dell’Atlantico, individuando opportunità e progetti con un potenziale di successo su molteplici mercati e approcciabili con analoghe metodologie. Oggi la EMI è una comunità di persone che condivide valori, idee, informazioni ed esperienze. E che applica lo stesso tipo di approccio al business con l’obiettivo di produrre valore e risultati a vantaggio di artisti ed etichette. E’ un grosso passo in avanti, credo, rispetto al passato e a quello che tuttora è l’industria discografica”. “Si tratta di restare flessibili e di evolversi seguendo le evoluzioni del mercato”, conferma Pandiscia. “Non dimentichiamoci che siamo una società musicale, rivolta al consumatore, e che pubblico e artisti sono i nostri referenti principali”. Il che significa che non lo sono sempre stati, per l’industria discografica? “Bella domanda. Diciamo che in certi frangenti, nell’arco della sua storia, l’industria li ha un po’ persi di vista. EMI Services è la conferma che occupando lo spazio che ci compete si possono cogliere opportunità di business molto interessanti”. Eppure proprio un ex artista EMI, Thom Yorke, ha dichiarato recentemente che il music business crollerà da qui a pochi mesi… “Non voglio commentare quell’affermazione. Ribadisco però che la ristrutturazione radicale che abbiamo intrapreso due anni fa rappresenta qualcosa di unico nel panorama della discografia odierna. I risultati stanno a confermare che ci abbiamo visto giusto e che siamo stati capaci di reinventare noi stessi”.