Nel confermare la colpevolezza di uno studente dell’Università di Boston accusato di avere praticato ripetutamente attività di downloading e file sharing illegale, il giudice federale Nancy Gertner ha significativamente spostato un punto (o meglio una virgola, in base al sistema decimale in uso negli Stati Uniti) nell’ammontare della multa comminata: 67.500 dollari in luogo dei 675.000 richiesti dall’accusa. Quest’ultima cifra, ha sostenuto la Gertner, risultava essere “incostituzionale e assolutamente sproporzionata”, mentre l’ammenda da lei deliberata garantirebbe comunque un efficace effetto deterrente e sarebbe sufficiente a compensare le case discografiche dei danni subiti. “Non c’è dubbio che questa pena ridotta sia ancora severa, persino dura”, ha spiegato nelle 64 pagine di motivazioni della sentenza, aggiungendo che l’imputato, Joel Tenenbaum, aveva arrecato “un danno relativamente piccolo” alle case discografiche. Discordi, ovviamente, le reazioni delle parti in causa. Intervistato dal Boston Globe, Tenenbuam si è detto felice per la riduzione della multa aggiungendo però di non essere ugualmente nelle condizioni di pagarla. La Recording Industry Association of America (RIAA) ha invece già annunciato che ricorrerà in appello contro una decisione con la quale “la corte ha sostituito il suo giudizio a quello di 10 giurati così come a quello del Congresso”. Secondo l’associazione dei discografici la sentenza “sottovaluta erroneamente i profondi danni economici e artistici causati all’industria quando centinaia di canzoni vengono illegalmente distribuite a titolo gratuito a milioni di sconosciuti attraverso i network di file sharing”. La causa ha per oggetto 30 canzoni postate in rete senza autorizzazione delle major: la pena comminata a Tenenbaum equivale dunque a 2.250 dollari per brano.