Il 2010 sembra proprio un anno di magra per la musica dal vivo, come confermano le preoccupanti notizie che arrivano dagli Stati Uniti. Solo dodici mesi prima le cose andavano molto diversamente, almeno nel Regno Unito: i dati sugli incassi dei concerti britannici diffusi in questi giorni dalla società di autori ed editori PRS For Music parlano di un fatturato di 1,54 miliardi di sterline, pari a un incremento del 9,4 % sull’anno precedente. Nello stesso periodo, secondo la PRS, i ricavi dell’industria discografica sono rimasti stazionari, a 1,36 miliardi di sterline: l’industria musicale britannica “business to consumer” varrebbe dunque 2,9 miliardi di sterline, il 4,7 % in più rispetto al 2008; e a questa cifra vanno aggiunti i ricavi derivanti dalle operazioni “business to business” (diritti connessi, ma anche pubblicità e sponsorizzazioni, che nel 2009 valevano 90 milioni di sterline). “La sintesi di questa situazione è che stiamo facendo molto meglio di altri settori industriali”, sostiene Will Page, uno dei due analisti che hanno compilato il rapporto, sottolineando anche la funzione di traino che la musica svolge per le esportazioni e il turismo. “Abbiamo registrato una crescita del 4,7 % durante la peggiore crisi economica vissuta da questa generazione”. Il problema è vedere se possa durare, soprattutto sul fronte del live: “Gli incassi dei concerti sono cresciuti del 9 % quest’anno, ma erano già aumentati del 13 % tra il 2007 e il 2008”, ammette il suo collega Chris Carey. “Però intanto arrivano segnali preoccupanti dagli Stati Uniti, dove le arene si svuotano”.