Durante la seconda giornata del Future Music Forum di Barcellona, in programma al FAD il 29 e 30 settembre, una fase interessante del convegno è stata dedicata al futuro delle apps. Emanuele Bolognesi, direttore della divisione Mobile Applications di Dada, ha espresso la visione del provider italiano, attualmente molto impegnato sul fronte musicale con Play Me: "Non vedo la app come uno strumento che si sovrappone al sito di un artista, piuttosto riteniamo che si tratti di un nuovo canale alternativo ed efficace. Non può essere considerato il sostituto del CD, perchè occorre essere connessi online per fruirne". Secondo Will Mills di Shazam, "man mano che il consumo della musica si sposta dal possesso all'accesso, diventa più ovvio per il fan volere essere connesso all'artista, e questa è la forza delle apps". Dal panel è emerso che le apps dedicate agli artisti hanno una probabilità di successo e di ritorno sull'investimento direttamente proporzionale al contenuto che offrono: il valore aggiunto rispetto al sito, a Twitter e a Facebook fa la differenza, soprattutto per gli artisti non sufficientemente popolari da potersi permettere lo strumento come semplice oggetto promozionale e relativizzarne così la necessità di monetizzazione. Interessante il punto di vista di Clive Gardiner di We7, secondo il quale "la portatilità insita nello strumento-app potrebbe essere la ragione per la quale un consumatore sia disposto a pagare per un abbonamento musicale, qualcosa che si sta dimostrando parecchio ostico in ambiente web". Sotto questo profilo, come ha rimarcato Bolognesi, Apple si è posta in una posizione privilegiata rispetto all'ambiente Android e Nokia, grazie al fatto che l'utente medio dello store digitale ha necessariamente già concesso l'utilizzo della sua carta di credito per ogni genere di download 'pay per', dimostrandosi come il più efficace tra i sistemi di pagamento.