E’ iniziato ieri a New York il processo che vede di fronte Terra Firma e Citigroup e dal cui esito, secondo molti osservatori, dipende il futuro della casa discografica EMI Music. Come noto, la vertenza tra la private equity e la banca d’affari creditrice riguarda il supposto raggiro perpetrato ai danni di Guy Hands, boss di Terra Firma (nella foto), da parte dell’ex amico e consigliere David Wormsley, che lo avrebbe indotto ad alzare l’offerta d’asta per la EMI al fine di contrastare un presunto (e inesistente) rilancio da parte di un potenziale concorrente, la finanziaria Cerberus Capital Management. Durante la prima udienza il legale di Hands, David Boies (celebre principe del foro che ha rappresentato Al Gore nella famosa vertenza sui brogli elettorali presidenziali, il Ministero di Giustizia americano nella causa antitrust a Microsoft e Napster nel processo intentatogli dai discografici della RIAA) ha sostenuto che Wormsley (ex amico intimo di Hands, compagno di serate a teatro e di sessioni di tiro al piattello) “giocava contemporaneamente sui due lati della strada”, garantendo alla EMI di sfruttare i suoi stretti rapporti con Terra Firma per alzare la posta in gioco; da lui chiamato a testimoniare, l’ad ed ex consigliere generale di Terra Firma, Tim Pryce, ha ricordato una telefonato con cui Wormsley, quattro giorni prima della chiusura dell’asta, gli suggeriva di fare in fretta se la società voleva essere sicura di mettere le mani sulla EMI. L’avvocato di Citigroup, Ted Wells, ha negato ogni accusa replicando che Hands ha deciso di adire le vie legali solo nel momento in cui si è reso conto che l’acquisto della EMI (per 6,7 miliardi di dollari, svalutati al 90 % pochi anni dopo) si sarebbe rivelato un’operazione fallimentare. “Non c’è stata frode, non ci sono state bugie, e nessuno ha ingannato Hands”, ha sostenuto. Ma la saga è appena cominciata…