Tra Justin Bieber e Shakira, Eminem e Lady Gaga, i video di YouTube e quelli di Netflix, uno dei dieci nomi più digitati sulla barra di ricerca di Google, nel 2010 (numero 9, per la precisione), risulta essere quello di Grooveshark, controverso servizio di musica digitale che ha finalizzato accordi con importanti case discografiche (come la EMI), ma che altre società – in particolare la Universal – continuano ad osteggiare accusandolo di violare in massa i diritti d’autore. Google ha recentemente annunciato una serie di misure finalizzate a frenare l’accesso, attraverso il suo motore di ricerca, a piattaforme e siti illegali presenti in rete. Questi ultimi, secondo la società di security software McAfee, sono tuttavia sestuplicati di numero rispetto a soli tre anni fa, a dispetto dei colpi inferti ai siti di file sharing: come rilevato più volte anche dalla stessa RIAA, l’associazione dei discografici americani, lo scambio di contenuti illegali prende sempre più spesso altre strade, utilizzando come canali di distribuzione newsgroup, blog, forum, cyberlocker e motori di ricerca specializzati nell’accesso a file Mp3.