Condannati in ottobre per concorso in violazione dei copyright di artisti e case discografiche, i titolari della piattaforma di file sharing LimeWire attendono di conoscere l’entità del risarcimento che dovranno pagare ai detentori dei diritti (il processo che provvederà alla liquidazione dei danni è fissato per il prossimo mese di aprile). Ma intanto controbattono alle richieste economiche dell’industria discografica (oltre 1 milione di dollari) chiedendo al giudice di convocare in giudizio, in qualità di testimoni informati sui fatti, piattaforme legali di distribuzione come Amazon: la loro presenza in tribunale, secondo i legali di LimeWire, servirebbe a far luce sul reale contenuto economico delle licenze d’uso del repertorio concesse dalle case discografiche ai propri partner commerciali, e dunque a verificare la fondatezza delle loro pretese. Alle major che hanno invocato la condanna della Web company i giudici americani hanno già richiesto di produrre prove documentali che attestino i costi sostenuti nella vendita di musica digitale ( connessi ad esempio al pagamento delle royalty agli artisti); per costruire la sua linea difensiva, tuttavia, LimeWire chiede accesso a una serie di altri documenti e informazioni, contratti, royalty e libri contabili ma anche mail e comunicazioni interne alle società che intrattengono rapporti commerciali con le major del disco. Chiamata direttamente in causa, Amazon replica che le informazioni rilevanti possono essere ottenute dagli stessi attori in giudizio (le case discografiche); LimeWire, da parte sua, spiega di voler sapere cosa succede dietro le quinte dei maggiori negozi di musica digitale (compreso, probabilmente, l’iTunes della Apple), per quanto riguarda le contrattazioni con l’industria discografica. Tocca ovviamente ai giudici, a questo punto, decidere se la sua richiesta risulta essere plausibile e rilevante ai fini del processo.