Appianati, presumibilmente, i contrasti insorti circa il pagamento delle royalties e la vendita di brani singoli su piattaforme come iTunes, i Pink Floyd hanno deciso di restare alla EMI per i prossimi cinque anni, lasciando nelle mani della major inglese il loro prezioso e remunerativo catalogo composto – antologie escluse – da tredici album di studio, tre dischi dal vivo e un doppio metà live metà in studio (“Ummagumma”). Il nuovo accordo di partership a livello mondiale, annunciato con grande soddisfazione dall’amministratore delegato della EMI Roger Faxon, dovrebbe anche porre fine alle pendenze legali in corso tra la casa discografica e Roger Waters, David Gilmour e Nick Mason, membri superstiti della (ex) band. La EMI, come noto, ha perso in successione il catalogo post 1971 dei Rolling Stones, quello solista di Paul McCartney e quello dei Queen: conservare i diritti sugli album dei Pink Floyd, e in particolare su best seller immortali come “The dark side of the moon” e “The wall”, diventava a questo punto di vitale importanza per l’azienda. I Pink Floyd, esibitisi per l’ultima volta al Live 8 il 2 luglio del 2005, firmarono il primo contratto con la EMI il 1° febbraio del 1967, ricevendo un anticipo di 5 mila sterline.