Con gli studios cinematografici e i produttori televisivi impegnati a tagliare i costi di produzione, l’industria discografica e gli artisti potranno fare sempre meno affidamento sugli introiti generati dalle sincronizzazioni musicali: lo sostiene PJ Bloom, music supervisor del popolarissimo show televisivo “Glee” che al Midem di Cannes è intervenuto oggi in un panel sul tema. “Per le canzoni che utilizziamo nel programma pago normalmente somme a cinque cifre. Alcune di quelle che finiscono nei film, invece, costano appena qualche centinaio di dollari. Sono i responsabili dei business affairs a fare questi conti, gente che non dà valore alla vostra musica: pensano che collacarla in un film sia già un beneficio sufficiente”, ha spiegato Bloom agli addetti ai lavori intervenuti alla conferenza. E così, aggiunge, mentre una canzone di un artista importante piazzata in un film a grosso budget può ancora fruttare un assegno da centinaia di migliaia di dollari, un brano sconosciuto di un’etichetta indipendente, nello stesso film, viene pagato appena 500 dollari. La conseguenza? Per Bloom è inevitabile: “Da qui a cinque/dieci anni le tariffe delle sincronizzazioni scenderanno ulteriormente. La gente non vuole più pagare la musica”. Uno scenario possibile è che gli artisti e le case discografiche cedano sempre più spesso a titolo gratuito l’uso delle loro canzoni in cambio di una vetrina promozionale: a discapito dei nuovi modelli di business che sulle sincronizzazioni puntano come elemento compensativo della erosione contante dei ricavi generati dalla vendita di supporti musicali.