“Un passo estremamente positivo per la società”: così l’amministratore delegato Roger Faxon commenta la vendita della EMI al suo maggior creditore, Citigroup, perfezionata in queste ore dopo la nomina di Peter Spratt e Tony Lomas di PricewaterhouseCoopers al ruolo di amministratori congiunti di Maltby Acquisitions Limited e il trasferimento di proprietà di quest’ultima (che controllava il 100 % della major) alla banca d’affari statunitense. Contravvenendo le previsioni di molti esperti, che davano per probabile un passaggio di proprietà da Terra Firma a Citigroup nel mese di giugno, la banca ha rotto gli indugi annunciando un’immediata ricapitalizzazione della EMI che ne ridurrà il debito del 65 %, da 3,4 a 1,2 miliardi di sterline, dando contestualmente ossigeno alle sue finanze (in cassa la major dispone già di 300 milioni di sterline in contanti). Grazie a questa operazione, ha commentato Faxon, “possiamo contare su uno dei bilanci più sani dell’intera industria musicale, con un livello di debito modesto e una sostanziosa liquidità. Con questo solido punto di appoggio, siamo fiduciosi di poter portare avanti la nostra attività”. “Abbiamo una visione chiara del futuro”, continua l’amministratore delegato, “un team dirigenziale competente e determinato, e ora anche la struttura finanziaria e di capitale adatta a produrre risultati soddisfacenti per i nostri artisti e i nostri autori”. Con il passaggio di EMI da Terra Firma a Citigroup, il Regno Unito perde la sua ultima major: ma molti ritengono che la banca d’investimenti potrebbe disfarsene presto, in tutto o in parte, cedendo la divisione discografica a società come Warner Music o BMG Rights, che già hanno manifestato interesse nei confronti di un catalogo che include nomi come Beatles, Pink Floyd, Coldplay e Katy Perry; altrettanto appetibile risulta essere la sua società di edizioni musicali, leader di un settore – quello della gestione dei diritti – ritenuto strategico per il futuro dell’industria musicale.