La pubblica reprimenda contro Napster recitata qualche settimana fa da Michael Robertson, fondatore di MP3.com, non ha sortito l’effetto di intenerire i discografici americani. Se ne è avuta conferma mercoledì 12 luglio, quando la Recording Industry Association of America (l’organizzazione che riunisce le maggiori etichette statunitensi) ha presentato in tribunale una nuova istanza contro la società di Robertson, accusandola di violazione premeditata e volontaria dei copyright di proprietà delle sue associate. L’accusa riguarda la copia non autorizzata del contenuto di circa 80.000 Cd nel database di MP3.com, accessibile agli utenti del servizio per la riproduzione in modalità streaming. Sulla vertenza, avviata dalla RIAA nel gennaio scorso, si era già espresso nel mese di maggio il giudice federale di New York Jed S. Rakoff, avvalorando la tesi delle case discografiche secondo cui MP3.com era da ritenersi responsabile di un comportamento scorretto e sanzionabile. E ora, nelle nuove deduzioni presentate ai giudici, il Senior Vice President RIAA per gli affari legali Steven Fabrizio rincara la dose sostenendo che “MP3.com si era resa conto della necessità di muoversi rapidamente per entrare nel nuovo mercato dei servizi di streaming musicale, e di conseguenza agì coscientemente sapendo di muoversi su un terreno rischioso”. Intervenendo ieri all’udienza pubblica convocata dal Senato americano sulla musica digitale, Robertson ha replicato di non avere richiesto fin dall’inizio una regolare licenza d’uso alla case discografiche temendo che queste ultime fossero già impegnate in iniziative concorrenziali al suo servizio. Mossa che, ora, rischia di costare cara al fondatore di MP3.com: anche se sull’entità del risarcimento economico che l’associazione dei discografici intende richiedergli non circolano ancora indiscrezioni, non essendo ancora chiaro se il calcolo del danno debba essere effettuato sulla base del numero dei Cd copiati o dei brani musicali in essi contenuti (per ogni opera di cui è stato violato il copyright, la legge americana prevede un risarcimento fino a 150.000 dollari). Quello che si sa, invece, è che tutte le major discografiche hanno richiesto a MP3.com, in sede extragiudiziale, una cifra stimata tra i 20-25 milioni di dollari a testa per l’utilizzo dei relativi repertori: ma mentre con Warner e BMG è già stato firmato un contratto di autorizzazione, con le altre tre major le discussioni non sono ancora approdate a nulla di concreto. All’udienza davanti al Congresso americano, tuttavia, Fred Ehrlich della Sony ha detto che la multinazionale giapponese non è contraria all’idea di una licenza.