Si affastellano, giorno per giorno, nuovi capitoli dell’interminabile saga che vede fronteggiarsi la internet company Napster e le case discografiche riunite nella RIAA. Quest’ultima ha appena presentato le sue controdeduzioni alle memorie depositate dai legali di Napster ad inizio luglio, ribattendo alla tesi secondo cui, sulla base dell’Audio Home Recording Act del 1992, ogni copia di brani musicali effettuata non a scopo di lucro è legittima. Secondo la RIAA, invece, quella legge non è applicabile alle copie diffuse tramite computer, che mettono istantaneamente i file musicali a disposizione di un bacino potenziale di milioni di utenti. La parola passa ora al giudice distrettuale Marilyn Hall Patel: se quest’ultima deciderà di confermare l’ingiunzione emessa dal suo collega Jed S. Rakoff nel mese di maggio, Napster sarà costretta a chiudere i suoi server e a interrompere il servizio fino a quando un tribunale deciderà se la società è corresponsabile, come sostiene la RIAA, delle violazioni di copyright attuate dai suoi utenti. Una prima udienza davanti al giudice è stata fissata per il 26 luglio prossimo.