Da 176 milioni di euro a poco più di 170 milioni: il mercato italiano della musica registrata, nel 2010, ha continuato a ridursi (in linea con le tendenze a livello mondiale) e a modificare la sua fisionomia. I dati raccolti dalla società di revisione Deloitte e diffusi oggi al Festival di Sanremo dall’associazione dei discografici FIMI registrano infatti un calo del 3 % nelle vendite dei supporti “fisici” (cd e dvd musicali), passati da 124 a meno di 120 milioni di euro, e una simultanea crescita del giro d’affari sviluppato dai supporti digitali, cresciuto da 20,5 a 22,5 milioni di euro (il 16 % del fatturato totale). L’incremento, pari al 10 % (a fronte di una media mondiale del 6 %) si deve soprattutto ai download da Internet (14,9 milioni di euro, + 14 %), mentre risultano più preoccupanti o quantomeno in ritardo rispetto ai trend generali gli andamenti di altri aggregati: come lo stallo dei ricavi generati dalle licenze a piattaforme di streaming gratuito come YouTube (2,7 milioni di euro) e il calo (27,7 milioni di euro, - 14 %) dei revenue streams prodotti da diritti connessi, merchandising, sincronizzazioni ecc, considerati una delle nuove frontiere dell’industria musicale. Note positive, invece, sul fronte della distribuzione del repertorio: in termini di vendite, il prodotto locale riguadagna la leadership di mercato (52 % delle vendite) nei confronti di quello internazionale, 41 % (il 7 % va alla musica classica). Ottimista il commento del presidente FIMI Enzo Mazza: “Il mercato italiano nel 2010 ha mostrato come vi siano sicuramente delle opportunità da sviluppare sul fronte delle nuove tecnologie, e lo dimostra anche l’ingresso di nuovi player nella musica digitale, vedasi i recenti annunci di Fastweb e Telecom, rispetto a mercati più maturi già vicini alla saturazione”.