Le brillanti performance stagionali del mercato discografico americano (+ 8 % rispetto all’anno scorso in termini di volumi di vendita, 15 miliardi di dollari di fatturato solo con le vendite degli album) potrebbero dare una mano a Napster, nella causa che la web company californiana ha in corso con l’industria musicale. Il suo amministratore delegato, Hank Barry, ha sempre sostenuto pubblicamente che lo scambio gratuito di file musicali promosso da Napster stimola i suoi oltre 20 milioni di aficionados a scambiarsi informazioni e suggerimenti musicali, a farsi un’opinione personale sulle proposte del mercato e, in ultima analisi, a comprare più Cd. E ora le ultime statistiche sembrerebbero dargli ragione, perché la domanda continua a crescere a dispetto di un aumento sensibile dei prezzi di vendita al pubblico, cresciuti in pochi mesi di circa un dollaro (da 17 a 18) per i cosiddetti “hit album”, i Cd di maggiore potenziale commerciale. “L’economia galoppa, e in circolazione ci sono un sacco di titoli che tirano”, commentano soddisfatti i rivenditori americani, dati già per spacciati dalle cassandre della new economy. Ma l’industria discografica ufficiale è di un altro avviso. Secondo Steve Fabrizio, legale della Recording Industry Association of America (RIAA), “le vendite aumentano, è vero, ma nessuno sa di quanto avrebbero potuto crescere senza la presenza di servizi come Napster. E tra gli studenti di college, il pubblico principale di Napster come dell’industria musicale, la domanda è stazionaria e forse anche in calo”.