A vip come Julia Roberts e a marchi celebri come Christian Dior, Microsoft e Nike era andata meglio: invece Gordon Sumner, in arte Sting, si è visto respingere la richiesta di cancellare da internet il sito sting.com, registrato cinque anni fa come dominio web dall’americano Michael Urvan di Marietta (Georgia), e con cui l’ex Police non ha nulla a che spartire. Nel giugno scorso, Sting era ricorso al WIPO (World Intellectual Property Organisation), l’organo delle Nazioni Unite preposto alla tutela delle opere dell’ingegno e della proprietà intellettuale, per chiedere la rimozione del sito: ma il collegio giudicante incaricato di esaminare il caso gli ha dato torto, sostenendo che il suo nome d’arte è d’uso comune nella lingua inglese, che l’artista britannico non ha fornito prove di averlo depositato come marchio commerciale, e che infine lo stesso Sting non è riuscito a dimostrare che il sito sia stato registrato da Urvan in malafede e con l’intento di ricavarne dei profitti indebiti, I legali di Sting avevano anche sostenuto che Urvan si era offerto di rivendere la proprietà del “website” al cantante per 25.000 dollari, ma l’interessato ha negato.