Perché costano così poco, i cd, dvd e libri che si acquistano sui siti inglesi che praticano il mail order via Internet? Il merito (o la colpa, secondo i punti di vista) va alla clausola del “low-value consignment relief” (LVCR) prevista dalla normativa fiscale britannica: un’eccezione che consente ai rivenditori localizzati nelle isole tax-free della Manica di non pagare l’IVA (oggi salita al 20 % sui prodotti culturali) quando l’articolo venduto reca un prezzo non superiore alle 18 sterline. Tutti i maggiori rivenditori britannici di beni di intrattenimento – Amazon, Asda, HMV, Play.com, Tesco, Sainsburys – ne hanno approfittato, sbaragliando la concorrenza dei negozi indipendenti che non possono permettersi di aprire una sede a Guernsey e dintorni e che sono costretti ad applicare prezzi maggiorati del 20 % . Ma dal momento che a rimetterci è anche lo stato, prossimamente tutto questo potrebbe cambiare: dopo anni di discussioni sul tema, a rilanciare l’idea di una revisione della normativa che favorisce gli operatori con base nella Manica è stato il “tory” Ralph Lucas, membro della Camera dei Lords, che al governo britannico ha chiesto di chiarire le dimensioni dell’evasione fiscale e di intervenire con la prossima finanziaria per porre fine alla scappatoia fiscale. Se così andranno le cose, commentano le aziende interessate, a soffrirne saranno soprattutto i consumatori, che vedranno allinearsi i prezzi praticati dai siti a quelli dei negozi che operano “sulla strada”. E una scappatoia rimarrà comunque a disposizione, anche se sul filo della legalità. Si tratta di approvvigionarsi di cd e dvd al di fuori del mercato europeo, dove il ppd (il prezzo praticato dalle case discografiche ai rivenditori) è molto più basso: la strada seguita dal contestato ma sempre agguerrito CD Wow!.