Durante il British Association Festival Of Science alcuni scienziati britannici hanno presentato i risultati di uno studio secondo il quale la musica può avere qualche responsabilità nell’influenzare negativamente il comportamento, ma non troppa. Esaminando le classifiche di vendita del Regno Unito dal 1960 al 1998, David Hargreaves ed Adrian North hanno stabilito che “E’ difficile capire come le parole delle canzoni possano incitare comportamenti problematici”. Valutando i brani secondo parametri di idealismo e pessimismo, e collegandoli alle statistiche sui consumi, le correnti politiche, la disoccupazione e il tasso di suicidio, i due sostengono che la musica pop danneggia gli adolescenti più che altro quando un appassionato di musica, a causa dei suoi gusti in materia di musica e di look, viene etichettato come deviante da parte di comunità e forze dell’ordine. I due scienziati sono molto comprensivi anche con i video violenti, o sessisti: “Per quanto contengano elementi che possono definirsi socialmente indesiderabili, questi video riflettono questioni come razzismo, violenza, prevaricazione sessuale che preesistevano alla musica pop, e pertanto non possono essere stati creati da essa”.<br> Secondo i due ricercatori, ci sono tuttavia alcune influenze evidenti. A quanto pare, la musica country può indurre a suicidarsi i maschi adulti, perché “i temi delle canzoni poggiano su fattori che possono predisporre l’animo al suicidio: problemi coniugali, insoddisfazione per il proprio lavoro”. Inoltre, la canzone adatta può dare una significativa spinta a spendere soldi. Questo in effetti è già noto ai più, ma è interessante notare che gli studenti consumano più cibi e bevande nei bistrot quando sentono musica pop, rispetto a quando viene suonata musica classica; purché naturalmente non si tratti di canzoni troppo veloci, che generano un senso di fretta e fanno alzare dal tavolo prima di aver ordinato qualcos’altro. Il singolare suggerimento ai negozianti è di ammaliare i clienti “proponendo musica che contenga il suono del flauto”. Il Pifferaio di Hamelin già lo aveva intuito.