Si arricchiscono i dettagli sulle proposte avanzate dalla casa discografica EMI alla Commissione Europea per salvare il progetto di fusione con Warner Music (vedi news). Come già riferito da Rockol, la major britannica ha sottoposto alle autorità antitrust un piano di disinvestimento il cui obiettivo è di ridurre la quota di mercato aggregata di EMI e Warner in Francia, Spagna, Grecia e Danimarca al di sotto della soglia “limite” del 35 % (tetto che non viene invece raggiunto in Italia): le etichette di cui EMI sarebbe disposta a liberarsi comprendono la francese Pathé Marconi (che ha in catalogo le incisioni di Edith Piaf e controlla il 3 % del mercato locale: potrebbe passare a BMG), la danese CMC (marchio di punta in Danimarca, dove ha una market share del 16 %), la greca Minos (8%) e la spagnola Dro (3 %). Il pacchetto di concessioni offerto da EMI prevede anche la rinuncia alle sue strutture di distribuzione (del resto già da tempo nei piani della società), la vendita di cataloghi editoriali in Scandinavia e in Gran Bretagna (compresa Virgin Songs UK) nonché la promessa di interrompere i rapporti con altre major per la realizzazione di compilation e di affidare a subeditori locali la gestione dei suoi diritti editoriali in Grecia, in Portogallo e nei Paesi scandinavi in modo da creare sbocchi di mercato per piccole realtà indipendenti. Basterà a far cambiare idea ai funzionari della commissione, intenzionati a bloccare la fusione tra le due major? “Difficile giudicare la portata di queste concessioni senza conoscere l’effettivo valore delle società di cui EMI ha proposto la vendita”, ha detto Michel Lambot, presidente della etichetta belga Play It Again Sam e dell’Impala, l’associazione europea delle etichette indipendenti. “E’ come guardare l’esterno di un edificio, non sappiamo se all’interno ci siano delle stanze abitabili o no”.