Una SCF “multinazionalizzata”, sempre più in mano alle major? Qualcuno interpreta così la nomina di Enzo Mazza, presidente FIMI, alla massima carica del Consorzio Fonografici, deliberata ieri dal consiglio di amministrazione. Ma il diretto interessato non ci sta: “In FIMI, come in FPM (la federazione antipirateria musicale), ho sempre anteposto gli interessi generali a quelli di una singola categoria. In SCF intendo comportarmi allo stesso modo. Sono pronto ad aprire un tavolo di discussione con i rappresentanti delle etichette indipendenti, a cominciare dal presidente di PMI (e membro del cda SCF) Mario Limongelli che reputo una delle persone di massima esperienza nel settore”. “Con PMI, così come con AFI, abbiamo instaurato da tempo una proficua collaborazione sul piano istituzionale: basti pensare ai nostri sforzi collettivi, a livello di lobby, per promuovere la tutela dei diritti e la sensibilizzazione delle istituzioni rispetto al problema della protezione dei contenuti”, ricorda Mazza, aggiungendo che “assumere la presidenza di SCF, per me, rappresenta un impegno oneroso ma anche molto stimolante, dal momento che l’area dei diritti connessi e delle licenze di utilizzo della musica registrata costituisce un elemento sempre più strategico per l’industria discografica. Il Consorzio è già una realtà economicamente importante, probabilmente si tratta della quinta impresa musicale italiana in termini di fatturato. E i confronti internazionali non ci vedono affatto sfigurare: stando all’ultimo rapporto IFPI, la percentuale media dei ricavi da diritti connessi sul fatturato industriale si assesta intorno al 6 per cento, mentre noi siamo già al 10 per cento. SCF svolge un lavoro prezioso e complicato, che pochi conoscono: complicato soprattutto in un Paese come l’Italia dove l’evasione dei diritti è un fenomeno molto diffuso. Ed è già un miracolo che in dieci anni si siano raggiunti risultati di tale portata. Ovviamente ci sono ampi margini di miglioramento, ovviamente sono stati commessi degli errori. Ma non dimentichiamo che si trattava di affrontare dinamiche nuove e sconosciute, in un ambito in cui l’industria musicale fa da apripista sotto l’occhio attento di altri settori industriali. Bisognerà sicuramente mettere mano allo statuto, migliorare gli standard di governance: un consorzio è un organismo complesso, non è un’azienda né un’associazione. E bisognerà, certo, affrontare il problema dei costi e dell’aggio pagato dai consorziati”. Nervo scoperto che ha provocato i sommovimenti e le proteste di una parte della “base”, delusa anche dal consuntivo 2010 (- 22,4 % in termini di fatturato, 28,9 milioni di euro; - 32 % in termini di ripartito, 24,1 milioni di euro) presentato la settimana scorsa nel corso di una drammatica assemblea conclusasi con l’uscita di scena del presidente Saverio Lupica. “E’ vero, i numeri sono negativi”, interviene il direttore finanziario Nadia Noacco, che con il direttore generale Marco Ornago e il direttore commerciale Sergio Paolella garantisce continuità con la gestione precedente. “Però il dato va interpretato ed è il riflesso di un cambiamento di strategia da parte di SCF. Nel 2009 il Consorzio aveva perseguito con aggressività un incremento del fatturato: l’effetto collaterale è stato un ampio divario con le somme effettivamente incassate. Nel 2010 i nostri sforzi sono stati finalizzati alla riduzione di questo gap, anche perché il recupero dei crediti comporta costi non indifferenti. In sostanza, abbiamo emesso fatture soltanto laddove avevamo la certezza del pagamento; d’altra parte, la delega a SIAE dell’attività di riscossione per quanto riguarda pubblici esercizi, bar e ristoranti ha prodotto a sua volta una riduzione di fatturato, dal momento che la società degli autori fattura solo ad incasso avvenuto. E se il fatturato è crollato, va sottolineato che nell’area del public performance incassi e ripartito sono per contro risultati molto maggiorati rispetto all’anno precedente”. Resta il problema delle commissioni giudicate troppo onerose: “La commissione”, spiega Noacco, “è la risultante di due variabili, costi e ripartizion. Essendo aumentati entrambi, e i primi più dei secondi, la percentuale di aggio ne ha risentito negativamente. Ma anche qui il dato va analizzato più in profondità: il cambiamento strategico a cui accennavo ha comportato investimenti, e dunque costi, maggiori. Ma si tratta di costi costi one-off, di cui beneficeranno gli esercizi futuri: al netto di tali voci di natura eccezionale, i costi operativi del consorzio nel 2010 sono risultati inferiori a quelli del 2009. E questa è la direzione in cui ci siamo incamminati anche quest’anno: perseguendo, da un lato, un’ulteriore riduzione della spesa, dall’altro un incremento delle ripartizioni conseguito attraverso un aumento dell’incassato. L’obiettivo, nell’arco di due o tre anni, è di ridurre la percentuale di commissione al di sotto del 25 per cento”. All’imperativo di contenere i costi si lega anche la decisione di tagliare 13 posti di lavoro, riducendo l’organico a 34 unità. “Una scelta molto dolorosa ma necessaria, e ringrazio le organizzazioni sindacali che nella circostanza si sono dimostrate molto collaborative” dice il direttore generale Marco Ornago. “La riduzione di organico è legata a una radicale revisione dei processi aziendali e a un alleggerimento dei carichi di lavoro. Nel 2010, come noto, abbiamo ‘passato’ alla SIAE la raccolta dei diritti nelle discoteche e nei discopub, attivando una partnership che al di là dei risultati, sicuramente migliorabili, ci vede presentarci sul mercato in maniera molto più coesa di prima. In seguito abbiamo delegato alla società degli autori anche l’attività di riscossione presso gli utilizzatori sparsi in modo frammentato sul territorio: bar, ristoranti, parrucchieri, centri estetici e altri pubblici esercizi. La SIAE ha a disposizione una rete capillare ed articolata, per noi era diventato antieconomico tenere in piedi una struttura che generava costi superiori alle somme incassate”. Accoglieranno con favore i segnali di rinnovamento e i nuovi programmi di SCF i consorziati (Sugar, Carosello, NAR, Time, Saifam, Irma, Azzurra Music, Ala Bianca) che hanno espresso il loro malumore in maniera concreta, revocando parzialmente il mandato? “Me lo auguro”, dice Mazza, “anche perché è necessario che l’industria proceda compatta: presentarsi divisi di fronte agli interlocutori e agli utilizzatori del repertorio musicale è il più grave errore che si possa commettere. Farò di tutto per tenere unita la famiglia. Se si vuole andare nella stessa direzione è necessario farlo con un piano strategico approvato e sostenuto da tutti. E’ impensabile, in questa prospettiva, che ci siano mandati limitati o a tempo determinato. Il mio messaggio è che in SCF bisogna pensare più al business e meno alla politica”.