La crisi di affluenza ai concerti, che già si era manifestata in modo preoccupante negli Stati Uniti, ha colpito lo scorso anno anche il Regno Unito. Dopo dieci anni di crescita continua (+ 13 % nel 2008, + 9,4 % nel 2009), il fatturato della musica dal vivo in UK ha infatti subito una flessione del 6,7 %, e il calo della domanda non ha risparmiato tour di primo livello come quello dei Bon Jovi (le cui date non hanno registrato il sold out) e show molto attesi come quello di Paul McCartney ad Hyde Park (per cui, poche ore prima dell’esibizione, si trovavano in circolazione biglietti a prezzi scontati). La situazione, ha rivelato Chris Carey della società di collecting PRS For Music intervenendo alla conferenza Great Escape a Brighton, è ancora peggiore nel resto d’Europa, dove gli incassi sono calati globalmente del 16 %; unica eccezione i festival estivi, cresciuti del 15 % in termini di capienza e del 6 % in termini di presenze. “Non mi sembra una situazione disastrosa, piuttosto un’anomalia. E non sono preoccupato dal futuro della musica dal vivo”, ha comunque dichiarato Carey, sostenendo che a incidere sul risultato negativo dell’anno è stata anche la parziale assenza dal mercato dei grandi nomi in grado di attirare un pubblico di massa. “Il ritorno in tour dei Take That con Robbie (Williams) è destinato a cambiare le cose”, ha aggiunto. “La nostra opinione è che il mercato live si stia ridimensionando verso un tasso di crescita più sostenibile”. Molto più preoccupante, secondo lui, la situazione in cui versa il mercato della musica registrata, dove al crollo del fatturato (- 11 % nel 2010) corrisponde anche uno scarso ricambio di titoli e artisti nelle prime posizioni delle chart (se si eccettua il boom di Adele).