Portata a termine (sia pure in pendenza di azioni legali) la vendita di Warner Music al magnate russo-americano Len Blavatnik, sono ora i banchieri di Citigroup, dal 1° febbraio al timone della EMI, ad aprire le danze per la cessione della major britannica. Le parti interessate, secondo quanto rivelato da uno dei potenziali candidati a Johnnie L. Roberts di The Wrap, sarebbero almeno una mezza dozzina, tra "miliardari, imprese specializzate nel buyout e case discografiche concorrenti". I nomi che circolano, per ora, sono gli stessi di sempre: Universal Music e Sony Music (la cui capogruppo Sony Corp., tuttavia, ha al momento altri grattacapi, impegnata com'è a ripristinare reti e sistemi infiltrati dagli hacker e a recuperare la fiducia dei clienti), ma anche BMG Rights (alleanza tra Bertelsmann e Kohlberg Kravis Roberts), il re dei supermercati Ron Burkle, i fratelli Tom e Alec Gores (Platinum Equity più Gores Group, che per Warner avevano avanzato in extremis un'offerta più consistente di quella di Access Industries) e, ovviamente, lo stesso Blavatnik, interessato a una fusione tra EMI e Warner da molti ritenuta indispensabile (Greg Cohen, managing partner della società di consulenza TAG Strategies ed ex dirigente delle due major,sostiene che "per il successo di entrambe, è inevitabile che si uniscano. Nessuna delle due, e soprattutto la EMI, potrà esistere a lungo come società a sé stante"). Sulle avances di Len Blavatnik, disposto secondo alcuni a fare un'offerta che eviti l'apertura di una procedura d'asta, Citigroup manterrebbe un atteggiamento prudente, in attesa di sapere come andranno a finire le cause intentate da piccoli azionisti che lamentano una vendita viziata dai rapporti d'affari preesistenti tra il compratore e la proprietà Warner: nel malaugurato caso che l'operazione venisse annullata, Warner ed EMI si troverebbero in concorrenza per la vendita, intralciandosi vicendevolmente. Resta inoltre da chiarire se Citigroup (che nel 2007 prestò alla Terra Firma di Guy Hands 5 miliardi di dollari per la sua scalata alla EMI) voglia seguire i suggerimenti dell'ad della major Roger Faxon e vendere in blocco gli asset, rappresentati dalla casa discografica (valore di mercato stimato: 1 miliardo di dollari) e dalle edizioni musicali (valore stimato: 1 miliardo e mezzo). Le sinergie tra le due divisioni farebbero da moltiplicatore, incrementando il prezzo di vendita forse anche oltre quello spuntato da Warner (3,3 miliardi di dollari).