Gli analisti finanziari e i giornalisti economici li chiamano merger, ristrutturazioni, razionalizzazioni, programmi di riduzione dei costi: operazioni che si traducono tutte, più crudamente, in licenziamenti nell’ordine delle migliaia. Le vittime del “raffreddamento” della new economy si accumulano di giorno in giorno, e agli annunci di AOL Time Warner e di Vivendi Universal (vedi news) si aggiunge ora quello di Amazon: il megastore virtuale per eccellenza ha annunciato che manderà a casa 1.300 persone, pari al 15 % della sua forza lavoro, per contenere i costi e cercare di tornare in attivo entro la fine dell’anno. La società di Jeff Bezos chiuderà un centro di distribuzione in Georgia che impiegava 450 addetti e un centro di customer service nella sua città d’origine, Seattle, presso cui prestavano servizio 400 dipendenti; il resto dei tagli riguarderà personale interno alla sede centrale dell’azienda, che d’ora in poi utilizzerà solo stagionalmente una struttura di distribuzione localizzata anch’essa a Seattle. <br> Solo due anni fa, Amazon aveva speso 300 milioni di dollari per costruire cinque centri di distribuzione destinati a sostenerne il frenetico sviluppo commerciale. Ma ora i suoi responsabili finanziari si trovano costretti a ridimensionare le previsioni di crescita per l’anno in corso: causa anche le vendite non eccezionali registrate nel periodo natalizio, il forecast è sceso da 4 miliardi di dollari a una stima compresa tra i 3,3 e 3,6 miliardi. E il taglio delle spese, aggiungono, è diventato improrogabile.