Buone notizie per Michael Robertson, fondatore e presidente della Web company americana: nonostante le decine di milioni di dollari che ha dovuto versare alle major discografiche per averne violato i diritti musicali (vedi news), la sua è una delle poche imprese sfuggite, nell’ultimo anno, al crollo generalizzato delle società “dot-com”. Il report per l’ultimo trimestre del 2000, diffuso in questi giorni, dipinge una situazione abbastanza rosea per la MP3.com, celebre per il suo servizio Internet (My.MP3.com) che consente agli utenti di archiviare on-line la propria collezione di CD e successivamente di ascoltarla da qualunque computer connesso in rete. Contro ogni previsione degli analisti finanziari, le perdite di gestione (escluse le spese eccezionali, come quelle legali) si sono ridotte considerevolmente, scendendo a 3,1 milioni di dollari (5 cent per azione) rispetto ai 10,6 milioni di dollari (17 cent per azione) registrati nello stesso periodo dell’anno precedente. Contemporaneamente sono cresciuti sia gli incassi (da 15,3 a 22 milioni di dollari) che la base di utenti che visitano regolarmente il sito utilizzandone i servizi; alla fine dell’anno il catalogo musicale di MP3.com contava sui brani di oltre 125.000 artisti che hanno regolarmente approvato la diffusione delle loro opere sul sito, con un sostanzioso incremento di traffico favorito anche dalle difficoltà o dall’uscita di scena di concorrenti come Musicmaker e EMusic. Per il futuro, Robertson si dichiara ottimista sulle possibilità di licenziare parte delle sue tecnologie ad altre imprese e di incrementare il fatturato pubblicitario, nonostante le difficoltà di recuperare nuovi inserzionisti disposti a investire sul mercato on-line. “Dove c’è un pubblico vasto ci sono inserzionisti pubblicitari”, ha osservato il boss di MP3.com “E il pubblico della musica su Internet aumenta di giorno in giorno”.