Un miliardo di dollari in cinque anni, da qui al 2005, per regolare la questione delle licenze musicali su Internet e mettere la parola fine alla causa per violazione dei diritti che mette in forse il futuro del più popolare sito di “file sharing” musicale. E’ l’ultima proposta di Napster all’industria discografica, annunciata dal suo amministratore delegato Hank Barry, dal presidente di Bertelsmann Thomas Middelhoff (partner acquisito della web company californiana) e da Andreas Schmidt, direttore della divisione e-commerce del gruppo tedesco, nel corso di una conferenza stampa tenuta martedì 20 febbraio a San Francisco. L’offerta messa sul piatto dal numero uno di Napster prevede il pagamento di un cifra di 200 milioni di dollari all’anno alle case discografiche (150 alle major e 50 agli artisti ed etichette indipendenti)in cambio dell'autorizzazione ad utilizzarne i repertori per i servizi musicali gestiti in rete dal sito californiano; per la prima volta, ha precisato Barry, il calcolo dei compensi dovuti è stato determinato non in percentuale dei fatturati dell’industria ma stimando il numero effettivo dei brani musicali che gli utenti di Napster (oltre 54 milioni) scaricano quotidianamente dalle rete. Durante l'incontro con i giornalisti Middelhoff, Schmidt e Barry hanno ribadito che il sito si prepara a inaugurare il prossimo luglio un nuovo servizio che abbinerà alla diffusione (limitata) di musica gratuita un modello di abbonamento “standard” e un tipo di sottoscrizione “premium” le cui tariffe devono tuttavia ancora essere stabilite.<br> Immediate, e assai tiepide, le reazioni dell’industria alla proposta di Napster. Mentre Barry sostiene che l’offerta è superiore a quanto normalmente pattuito nei contratti di licenza, molti hanno fatto notare che la cifra di un miliardo di dollari è assai più modesta dei danni che l’industria stima di avere subìto per i milioni di brani scaricati mensilmente e senza autorizzazione tramite il servizio. Mentre non si registrano per il momento reazioni ufficiali da parte di Sony e Warner ed EMI esprime un atteggiamento attendistico e possibilista, il gruppo Vivendi Universal ha emesso un comunicato in cui ribadisce freddamente che “è responsabilità dei vertici di Napster proporre alla comunità creativa un modello di business legittimo e un sistema che protegga i nostri artisti e i nostri copyright; nulla di ciò che abbiamo udito in passato e di ciò che abbiamo sentito oggi – conclude il comunicato – suggerisce che siano stati capaci, fino ad ora, di raggiungere questo obiettivo”. Ancora più tagliente il giudizio della RIAA, l’associazione dei discografici USA: “Siamo esasperati dal fatto che Napster si preoccupi più della sua strategia di pubbliche relazioni che del suo modello di business. Basterebbe organizzare degli incontri con le case discografiche per discutere la questione, invece che tenere conferenze stampa di continuo”, ha commentato la portavoce Amy Weiss.