C’è ancora maretta in casa FIMI, dopo le dimissioni rientrate (a gennaio) di alcuni membri dell’associazione e l’esplosione del caso Clan, che negli stessi giorni prese posizione contro l’organizzazione dei discografici accusandola di penalizzare l’industria italiana indipendente (vedi news). A sollevare una questione analoga è ora la Media Records, attuale dominatrice della scena techno-pop europea grazie ai ripetuti successi di Gigi D’Agostino e Mauro Picotto: la casa bresciana, infatti, ha presentato le sue dimissioni dall’associazione di categoria con una disdetta inoltrata alla FIMI ad inizio settimana. Raggiunto telefonicamente da Rockol, il direttore generale Diego Leoni (che di FIMI è anche uno dei vicepresidenti), spiega di non essere rimasto soddisfatto del modo in cui “l’ente sta affrontando questioni cruciali come le classifiche di vendita e la gestione degli award: con un occhio di riguardo alle major, e poca considerazione per le necessità degli indipendenti”. Leoni indirizza critiche anche alle regole di funzionamento della società di collecting SCF (che raccoglie proventi e royalty dagli utilizzatori dei repertori musicali come enti televisivi e radiofonici): “Per potervi essere ammessi come soci bisogna aver maturato incassi per diritti fotomeccanici che sono fuori dalla portata della maggior parte delle indipendenti”.<br> Secca la replica del direttore generale FIMI Enzo Mazza, che apre tuttavia lo spiraglio a una ricucitura dello strappo: “Già in passato è successo che dopo aver riesaminato le motivazioni della sua decisione qualche azienda abbia deciso di tornare sui suoi passi, e in ogni caso le dimissioni della Media devono essere deliberate dagli organi direttivi, di cui la stessa società fa parte. D’altra parte, mi sembra di capire che ancora una volta la materia del contendere si riferisca ai rapporti di forza commerciale in essere tra major ed etichette indipendenti. E queste, ci tengo a ribadirlo, sono questioni su cui la FIMI non ha il potere di intervenire”.