Sono le nove di mattina, a Los Angeles, quando Mike Busbee (in arte semplicemente Busbee) risponde prontamente al telefono. Praticamente l'alba, per un artista: "Se hai un bambino piccolo da accudire finisce che ti alzi tutte le mattine alle sette", ridacchia il trentacinquenne autore, musicista e performer californiano che ha messo la firma sul nuovo successo di Giorgia, "E' l'amore che conta" (titolo originale "Hostage"). Caso raro e fortunato, per un'artista italiana, collaborare con un hit maker internazionale che ha già scritto per innumerevoli star della scena pop rock. Com'è successo? "Il mio editore, BMG Rights, era ovviamente al corrente del fatto che Giorgia stava realizzando un disco nuovo ed era alla ricerca di canzoni. Il mio contatto in Italia, Dino Stewart, mi ha chiesto se avevo qualcosa di adatto e ho proposto 'Hostage'. A Giorgia è piaciuta, lei ci ha aggiunto un testo in italiano e la sua incredibile voce portandola in un'altra dimensione. Trovare l'interprete giusto è sempre la cosa più importante: 'Hostage' è una big ballad che aveva bisogno di una grande cantante e di una gran voce. E quella di Giorgia è potentissima". I due, però, non si sono ancora incontrati. "No, abbiamo lavorato a distanza. Spero di poterlo fare il gennaio prossimo: Dino mi ha proposto di venire in Italia per incontrare anche altri artisti italiani con i quali potrei avviare una collaborazione. Mi piace viaggiare, amo il vostro Paese ma ci manco da una decina d'anni". A quali artisti pensa, Busbee? "A Eros Ramazzotti, ad Andrea Bocelli, a Laura Pausini...sono aperto a lavorare con chiunque, soprattutto con chi ha una gran voce. Il successo di 'E' l'amore che conta' ha suscitato interesse nell'ambiente musicale italiano". Ha in mente qualcuno. mr. Busbee, quando scrive una canzone? "Se l'artista che deve interpretarla si trova nella mia stessa stanza diventa più facile capire come muoversi. Mi piace dialogare con l'interprete, imparare a conoscerlo, cercare di tirargli fuori i sentimenti che vuole esprimere. Ci sono canzoni, come quella di Giorgia, che nascono da una pura scintilla creativa prima di trovare la loro destinazione, ma altre volte è diverso. Nei giorni scorsi, per esempio, sono stato impegnato in un writing camp che il mio editore ha organizzato per raccogliere materiale per il nuovo album di Leona Lewis: in quel caso si lavora in funzione di un brief, di parametri stretti, di una precisa richiesta dell'artista. Recentemente ho lavorato in questo modo anche con il produttore di Rihanna: a volte funziona molto bene, anche se è più difficile. E comunque sono felice quando sono libero di seguire la mia ispirazione come è successo con 'Hostage'". Mai provato il panico da pagina bianca? "Beh, durante la prima parte di ogni seduta di scrittura mi chiedo sempre se nell'arco della giornata riuscirò a produrre qualcosa di buono. Ma poi è come qualunque altro mestiere: devi farlo, non c'è altra scelta. Ti presenti a casa di qualcuno alle due del pomeriggio e prima di sera devi avere terminato quel che sei venuto a fare. Ovviamente certe giornate sono meglio di altre. La cosa strana è che alcune delle mie canzoni più ispirate non sono ancora state incise da nessuno". Non è il caso di "Own the night", portata in cima alle charts dal trio country Lady Antebellum: "Sono bravissimi e siamo subito diventati amici. Di solito non arrivo a una writing session con delle idee già pronte perché preferisco affidarmi all'ispirazione del momento. Quel giorno, ricordo, per non so quale ragione ero piuttosto nervoso. Ho cominciato a suonare al piano quello che poi è diventato il riff principale della canzone. Quando gli ho fatto ascoltare il demo si sono detti sicuri che sarebbe diventato un pezzo importante del repertorio. Charles ha cominciato a cantare e in men che non si dica l'abbiamo completato. E quando hanno inciso la versione finale a Nashville mi hanno invitato a suonare il piano. E' stato molto divertente". Come si fa a passare dai Lady Antebellum ai Better Than Ezra, da Katy Perry a Timbaland? "Non so, è che amo ogni genere di musica. Posso dirti che ho iniziato a suonare da professionista quando ero ancora un teenager. Ero un trombonista jazz e già prima, anche mentre frequentavo la scuola, la musica pop non la ascoltavo neppure. Attraverso il jazz mi sono avvicinato all'r&b, alla musica cubana, al rock'n'roll...Quando ho cominciato ad avvicinarmi al mainstream ho assorbito un po' di tutto: i Beatles, ovviamente, i Led Zeppelin e Donny Hathaway fino a Whitney Houston e Celine Dion, i Deftones e i Foo Fighters. Quello che mi interessava era la canzone, il mio mestiere consiste nello scegliere gli attrezzi giusti: come un costruttore edile specializzato in case vittoriane a cui chiedono di costruirne una in mattoni! La cosa funziona solo quando apprendi le strutture fondamentali di ciascuno stile. Se devo scrivere una canzone per Michael Bublé e una per i Foo Fighters, adopero un approccio completamente diverso". Ci sarà molta competizione, sul mercato americano.... "Eccome, è pieno di giovani autori di talento. Io ho avuto la fortuna di incontrare la gente giusta, di avere fatto buone amicizie. Oggi che la gente compra sempre meno dischi e che il mercato si restringe la torta da spartirsi è diventata più piccola. Ma io sono un pragmatico, e so bene che nella finanza o in altri settori la situazione non è diversa. Anche i cantautori e i gruppi rock sono più aperti alla collaborazione di quanto fossero in passato. Anche questa è una conseguenza della crisi: in linea di massima, se sei sotto contratto con una major, hai bisogno di hits. E così ti rivolgi ai professionisti specializzati. Essere io stesso un artista e musicista mi aiuta a capire meglio le esigenze degli altri. Forse il mio talento naturale sta nel saper assorbire informazioni e rielaborarle. C'è un grosso divario tra il numero di canzoni che scrivo e quelle che raggiungono il successo. Così, ogni volta che una delle mie composizioni diventa un hit ne sono veramente felice".