E' inevitabile, a questo punto, confrontarsi con i punti di vista di chi ha queste problematiche come pane quotidiano: la carrellata di interventi di discografici ed editori è indispensabile per avere un quadro più completo ed una prospettiva a 360 gradi delle tematiche fino a qui trattate. Claudio Buja - managing director Universal "Non sono un discografico puro, mi occupo principalmente di edizioni. Quello che dice Gualazzi ha un senso logico e apparentemente non fa una grinza, ma solo apparentemente. La distribuzione digitale però è una cosa che dovrebbe portare benefici a tutti, ma il punto è che il mercato digitale al momento è ancora una piccola parte del mercato discografico. E quello legale, legato ad iTunes e agli altri negozi virtuali, è una fetta ancora più piccola della torta, visto che la maggior parte del file sharing è ancora illegale. E qui veniamo al punto: il danno colpisce anzitutto tutte l'industria, non solo le major ma anche le case indipendenti e gli artisti, oltre agli stessi autori. Il file sharing è un furto, chi lo usa si appropria di un'opera che non è sua. E poi è lo stesso Gualazzi a dire che gli album, anche se digitali, vanno pagati qualcosa per cui mi sembra che si contraddica da solo". Sull'estensione del copyright... "L'assunto da cui partono i pirati è un po' confusionario, perché accorpa nell'idea del diritto d'autore due aspetti diversi, come spiega la legge del 1941: il diritto d'autore dura 70 anni a partire dalla morte di uno degli autori e co-autori viventi. I copyright dei Beatles ad esempio andranno in pubblico dominio a partire dai 70 anni dalla morte di Paul McCartney. Altra cosa è invece il diritto sulla registrazione, che durava 50 anni e ora è stato esteso dalla direttiva UE perché le incisioni degli anni '60 stanno per scadere e diventare quindi di pubblico dominio: questo è stato fatto per preservare il catalogo di alcuni artisti molto popolari in quel periodo e in particolare per i proprietari di quei master. Ora, capisco che per qualcuno 70 anni possano essere troppi e che magari le prime registrazioni di Bob Dylan e degli Stones dovrebbero presto diventare di tutti. Però anche in questo caso è un falso problema: creare un improvviso impoverimento dei cataloghi può essere condiviso da alcuni, ma sicuramente non dall'industria italiana e internazionale. Se si vuole spendere di meno ci sono appunto i negozi digitali, ma queste registrazioni vanno tutelate". Sull'esproprio del diritto d'autore... "Anche in questo caso Gualazzi non è correttamente informato. Si parla di diritto d'autore o di registrazione? Bisogna distinguere, chi scrive una canzone e chi la canta ha un ruolo diverso. Se io compongo una canzone per un artista non prendo soldi dal suo contratto discografico, ma dall'utilizzo della canzone e dalla sua esecuzione. Penso comunque che in questo caso Gualazzi si riferisca alla proprietà del master. Bisogna espropriare il diritto se un prodotto viene tolto dal catalogo? E' un'opinione rispettabile, ma non la condivido. Secondo me chi paga per la registrazione poi ne deve conservare i diritti. Poi se non viene utilizzata è giusto che l'artista si difenda anche in tribunale, ma non vedo perché estendere queste questioni anche al pubblico dominio". Sulla SIAE... "Questa è una vecchia battaglia demagogica, che fa molta presa sui giovani autori. In SIAE sono iscritti 80.000 autori di musica. Pensiamo davvero che tutti loro vivano professionalmente delle canzoni che scrivono? E' una forzatura, dovrebbero essere più tutelate le persone che ci campano per davvero, siano piccoli o grandi artisti. Se uno scrive una canzone per poter dire alle assemblee di condominio che fa il cantante il discorso cambia, ma non può avere gli stessi diritti di chi lo fa di lavoro. La SIAE è un organismo complesso, non lo si può liquidare così. Oggi non è facile per i giovani musicisti, siamo i primi a saperlo. Ma non certo per le ragioni sostenute da Gualazzi". Andrea Rosi – presidente di Sony Music Italia “Invito ufficialmente il sig. Gualazzi ad uno stage di un paio di mesi (gratuito) presso Sony Music, perlomeno la prossima volta che farà dichiarazioni relative al profit & loss di una azienda musicale potrà parlare con cognizione di causa. Tra l’altro si renderà anche conto che una azienda come Sony Music ha ridotto di un terzo il numero dei dipendenti solo negli ultimi 3 anni, non mantenendo affatto ‘assetti anacronistici’. Siamo aperti a qualsiasi contributo propositivo e positivo per il bene della musica, degli artisti e dei consumatori, quello che non ci serve sono dei Grilli Parlanti che fanno demagogia spicciola. Sono comunque contento che perlomeno ci venga riconosciuto il ruolo di produttori e finanziatori delle opere musicali e quindi il diritto di essere retribuiti”. Mario Limongelli - presidente di Produttori Musicali Indipendenti "In riferimento alle posizioni espresse dal presidente del neonato partito pirata italiano Athos Gualazzi sull'industria discografica come produttori indipendenti di fonogrammi, che abbiamo tra le principali attività la ricerca, lo sviluppo e il lancio di nuovi artisti, siamo in netto disaccordo. Il calo del mercato fisico e la confortante crescita di quello digitale stanno cambiando il mercato della musica e di conseguenza le nostre aziende si trovano ad affrontare tale situazione con non poche difficoltà. Non è nella nostra cultura 'andare a trovare altre fonti di guadagno' bensì cerchiamo di migliorare e adeguarci alle nuove realtà, cercando di tutelarci al massimo dalla dilagante pirateria. Questo movimento rischia di inquinare e confondere maggiormente i consumatori, i quali oggi hanno accesso a offerte sempre più diversificate e a prezzi accessibili, segno evidente un mercato in libera concorrenza. Una cosa è certa: chi desidera acquistare o utilizzare musica registrata è giusto che la paghi alla stessa stregua di un qualsiasi altro bene. Sul fronte del copyright mi pare che ci sia un po' di confusione tra durata di protezione delle registrazioni e durata del diritto d'autore: lascio che si esprimano le associazioni degli autori e degli editori". Dario Giovannini - direttore generale Carosello Records Faccio una piccola premessa, non penso che al mondo discografico italiano servano dei finti Robin Hood che possano giustificare la pirateria dilagante. La musica è un CONTENUTO che va tutelato, a maggior ragione in questa fase in cui è cambiato il modo di fruirne. Partendo dall'educazione dei singoli bambini, perché sarebbe imperdonabile far passare il messaggio che la musica deve essere gratuita. E per far questo sarebbe auspicabile un intervento diretto anche da parte degli artisti più affermati. E' vero che vale tutto ormai, ma chi scarica musica compie un reato. Il resto sono parole. Detto questo, penso che la vostra iniziativa possa essere uno spunto per una discussione interessante. Dirigo un'etichetta indipendente e storica come Carosello che grazie anche alla lungimiranza del suo proprietario Alfredo Gramitto Ricci ha saputo negli anni trasformarsi per andare incontro alle esigenze degli artisti e dei consumatori. Oggi Carosello è una società di entertainment, che si mette al servizio degli artisti. Oggi noi ci consideriamo e veniamo considerati dagli artisti dei PARTNER per la crescita e lo sviluppo dei singoli progetti. Ogni scelta (da quelle artistiche a quelle di comunicazione fino ad arrivare alla scelta del prezzo finale) viene CONDIVISA con l'artista. Questa nuova visione fa sì che il rapporto che si instaura con lo stesso non si limiti al semplice rapporto discografico, dal momento che ormai tutti gli artisti che collaborano con Carosello hanno accordi globali che ci permettono di studiare ASSIEME all'artista strategie globali, a 360gradi, che non si limitano al lato discografico ma che vanno a toccare qualsiasi sfera della "vita professionale" dell'artista. L'artista cresce con noi ed è coinvolto in ogni aspetto. Credo che il nostro supporto dato dall'esperienza, dal know how, dagli investimenti economici, dalla correttezza, rappresentino ancora le fondamenta all'interno del mondo musicale italiano. Senza dimenticare che Carosello nello specifico cerca sempre di essere sempre in prima linea per appoggiare nuove forme di diffusione della musica legale (siamo stati la prima etichetta italiana indie ad essere presente direttamente su iTunes, o a chiudere un accordo diretto con Youtube, o grazie all'appoggio con Merlin ad essere presenti ad esempio su Spotify), supportando il lavoro fondamentale che PMI ogni giorno fa per far crescere l'industria indipendente italiana. Leggi anche: "Inchiesta Rockol. Il Partito Pirata Italiano, parte prima: chi, come e perché" Leggi anche: Inchiesta Rockol. Il Partito Pirata Italiano, parte seconda: parlano gli artisti" Vuoi dire la tua? Scrivi (con, in oggetto, "inchiesta Rockol - Partito Pirata") a staff.redazione@rockol.it: la redazione potrebbe pubblicare il tuo intervento, purché firmato.