Una grande casa discografica, la BMG Ricordi, e un celebre istituto di ricerche di mercato, il CIRM, uniti nel progetto ambizioso di costruire un grande osservatorio permante sulla musica. Uno strumento di esplorazione periodica, a tutto campo, su gusti, atteggiamenti e comportamenti del pubblico degli appassionati e, più in generale, sull’evoluzione degli stili musicali in relazione ai cambiamenti sociali, alle aspirazioni spirituali, alle trasformazioni della moda, del costume e della cultura.<br> Un’esigenza tanto più sentita, "perché fino a poco tempo fa l’industria discografica ha sempre vissuto chiusa in se stessa, considerando l’espressione artistica come un momento a sé stante, senza alcun collegamento con i bisogni reali dei consumatori", ha spiegato il consigliere delegato della BMG, Franco Reali, presentando i primi risultati della ricerca, ieri pomeriggio, 4 dicembre, al Sito di Brera di Milano.<br> "Mentre oggi - ha aggiunto Reali - la nostra aspirazione è di coniugare cultura e mercato, dando voce alle numerose realtà musicali che vivono e si sviluppano al di fuori dei grandi circuiti industriali, e che in gran parte sono destinati a rimanere confinati in quell’ambito" (gli Almamegretta, neoacquisto BMG insieme con i 99 Posse, sono avvertiti: Reali ha detto di augurarsi che non arrivino mai a vendere 500 mila copie, "perché non è quella la loro dimensione, e ne potrebbe andare di mezzo la loro integrità"). <br> Ma veniamo ai risultati dell’indagine elaborati sulla base delle risposte fornite al CIRM per via telematica da un "panel" di 800 famiglie campione, attraverso una serie di interviste realizzate tra il 24 e il 28 novembre. Si "scopre" così che la musica è "molto" o "abbastanza" importante nella vita dell’87 per cento degli italiani (una percentuale che cresce al 93 per cento per gli individui di età inferiore ai 24 anni). Che per il 31 per cento la musica aiuta ad elevarsi spiritualmente e per il 20 per cento è un mezzo per darsi la carica. Che influenza in maniera determinante il modo di vestire e di atteggiarsi (lo dice il 71 per cento del campione) e che più di ogni altra forma di espressione artistica esprime lo "spirito del tempo", disegnando i contorni di una società "alla ricerca di nuovi valori", "complessa e turbolenta" e "in cambiamento". Che la musica ha assunto un ruolo imprescindibile anche nella pubblicità e nel cinema; e che non c’è niente di meglio contro il logorio della vita moderna. <br> Il 77 per cento degli italiani vorrebbe anche che venisse insegnata di più e meglio nelle scuole, inno nazionale compreso (lo invoca, secondo i risultati dell’indagine, addirittura l’86 per cento dei nostri connazionali: saranno le spinte secessioniste o il temuto debutto nell’alta società europea a scatenare queste improvvise manifestazioni di affetto nei riguardi della vituperata marcetta di Mameli?). <br> Fino alla rivelazione finale, che instilla il seme del dubbio in chi fino ad oggi ha insistito sulle analogie tra libri e dischi per invocarne la pari dignità di prodotti culturali: sono beni di natura sostanzialmente diversa, risponde a domanda il campione, perché "il disco consente di fare altro mentre lo si ascolta", "può essere ascoltato da più persone insieme" e "consente ascolti ripetuti in poco tempo". Ma ci voleva proprio il CIRM per farcelo sapere? E basteranno queste indicazioni ai discografici della BMG per coronare l’ambizione di diventare un trait d’union - anzi, un "trade union", come recita testualmente il fascicolo distribuito nell’occasione - tra quotidiano e fenomeni sociali?