Va in naftalina, a tempo indeterminato, il marchio che agli albori del Duemila terrorizzò l'industria discografica aprendo l'era del file sharing non autorizzato. Inglobato da Rhapsody, che ne ha definito l'acquisto dalla catena Best Buy mercoledì 30 novembre per una somma non rivelata, il gatto di Napster sparisce, almeno per ora, dall'orizzonte digitale (almeno negli Stati Uniti, unico mercato in cui il nuovo proprietario è operativo, mentre la sorte di Napster UK al momento non è chiara). La migrazione dei clienti dall'uno all'altro servizio (i cataloghi sono simili ma non identici, e le formule di abbonamento differenti) è già cominciata: gli utenti che cercano di connettersi a Napster vengono indirizzati automaticamente sul sito di Rhapsody, dove viene loro proposta una prova gratuita della durata di una settimana oltre a uno sconto trimestrale del 50 % sulle tariffe dell'opzione "Premier", che in cambio di 9,99 dollari al mese consente l'accesso alla piattaforma di streaming da pc, tablet e smartphone. Nata dieci anni fa a Seattle, Rhapsody vanta attualmente 800 mila abbonati negli Stati Uniti e un catalogo di 13 milioni di canzoni. Creato da Shawn Fanning e Sean Parker nel 1999, Napster è stato il pioniere della condivisione di file musicali Mp3 in rete, diventando subito il nemico pubblico numero uno delle case discografiche ma anche di artisti come i Metallica, che nel 2000 lo citarono in tribunale per violazione dei copyright inimicandosi una quota della propria fan base. Nel febbraio del 2001 la piattaforma raggiunse il suo picco di traffico, con 26, 4 milioni di utenti, ma nel luglio di quello stesso anno fu costretta a chiudere dopo una causa intentata dall'associazione dei discografici RIAA. Riconvertita in forma di servizio legale autorizzato dalle case discografiche non è più riuscita a conquistare una posizione di alto profilo sul mercato digitale, nonostante gli investimenti di grandi aziende come Bertelsmann (che vi investì del denaro quando ancora Napster abitava una zona "grigia" del mercato, e che per questa decisione avventata fu costretta a pagare forti risarcimenti danni ad alcune etichette) e i passaggi di proprietà (prima a Roxio, poi a Best Buy).