E' mancato la notte scorsa all'Ospedale Versilia di Viareggio Giancarlo Bigazzi, paroliere e compositore tra i più prolifici e di maggiore successo nell'ambito della musica italiana dagli anni Sessanta ad oggi. Bigazzi era nato a Firenze il 5 settembre del 1940. Nei Sessanta, ancora giovanissimo, cominciò a firmare testi (e talvolta musiche) di brani di successo per artisti come Riccardo Del Turco ("Luglio", "Cosa hai messo nel caffè"), Mario Tessuto ("Lisa dagli occhi blu") e Renato dei Profeti ("Lady Barbara"). Nel decennio successivo collaborò con Massimo Ranieri ("Vent'anni", "Erba di casa mia", "Rose rosse") e con Gianni Bella (scrivendo con lui "Montagne verdi" per la sorella Marcella, oltre a brani come "Non si può morire dentro" e "Più ci penso"). Ma è soprattutto con Umberto Tozzi, e poi con Raf e Marco Masini che ha dato vita a veri e propri sodalizi artistici nel ruolo di paroliere, compositore e produttore. Con Tozzi scrisse hit come "Donna amante mia", "Io camminerò", "Ti amo", "Tu"; "Gloria", "Stella stai", "Si può dare di più" (quest'ultima, cantata in trio con Gianni Morandi ed Enrico Ruggeri, vinse il Festival di Sanremo del 1987) e "Gente di mare", duetto con Raf per cui firmò anche "Self control". Intanto, già a partire dal 1971, si era inventato una fortunata carriera parallela - insieme al musicista Totò Savio, al paroliere Daniele Pace e al discografico Alfredo Cerruti - nel gruppo trash-demenzial-goliardico degli Squallor, con cui incise dischi per 25 anni (comparendo anche nei due film girati dal gruppo, "Arrapaho" e "Uccelli d'Italia"). Gli anni '90 lo videro divorziare da Tozzi e Raf e creare una sorta di circolo artistico fiorentino con nomi come Paolo Vallesi, Aleandro Baldi (vincitore a Sanremo nel 1994 con "Passerà") e soprattutto Marco Masini ("Perché lo fai", "Ti innamorerai", "Bella stronza"). Nel 1992, con Beppe Dati e Marco Falagiani, Bigazzi firmò "Gli uomini non cambiano" per Mia Martini, nel 1996, scrisse per Francesco Guccini la musica di "Cirano", nel 2002 "Il pazzo" per Mina. Il suo versatile talento lo ha portato anche a scrivere colonne sonore per il cinema ("Mery per sempre" e "Ragazzi fuori" per Marco Risi, "Mediterraneo" per Gabriele Salvatores). L'insopportabile intellettualismo ideologico di certi ambienti ha impedito a Giancarlo Bigazzi di essere riconosciuto in vita per quel grande autore che è stato. Un innovatore coraggioso della lingua italiana della canzone: per citare Giuseppe Antonelli ("Ma cosa vuoi che sia una canzone", Il Mulino, 2010) Bigazzi "ha dato vita a uno scatenato e quasi avanguardistico paroliberismo". Bigazzi ha inventato parole ("malinconoia", "disallegria"), frasi diventate di uso - fin troppo - comune senza che nessuno gliene rendesse merito ("gli altri siamo noi", "siamo vittime e carnefici"), e sempre senza gloriarsene, lavorando da artigiano del lessico, con spregiudicatezza ("vaffanculo") e felicità evocativa ("fammi abbracciare una donna che stira cantando", un verso che gli attirò addosso la stupida ira di certe sedicenti femministe). Incazzoso e geniale, splendidamente cazzaro (leggere i testi, peraltro quasi tutti improvvisati in studio, degli Squallor) e puntiglioso narratore dell'attualità (da "Luglio" a "Pensa" di Fabrizio Moro, che produsse e che certamente aiutò nella scrittura), Bigazzi è stato un gigante, sulle cui spalle sono saliti in molti apparendolo (immeritatamente) in sua vece. Adesso probabilmente starà già smadonnando con Daniele Pace, Totò Savio e Elio Gariboldi o progettando un nuovo trio per Sanremo con Mario Ragni. Spero che si diverta. (fz)