Più di un CD o cassetta preregistrata su tre in circolazione sul mercato mondiale è di origine illegale. E le cose vanno ancora peggio in Rete, dove quasi il 100 % del traffico di musica continua ad avvenire fuori da ogni controllo dei legittimi titolari <br> Il quadro dipinto dall’ultimo rapporto sulla pirateria musicale pubblicato dall’IFPI (l’associazione internazionale dell’industria discografica), diffuso nella giornata di martedì 12 giugno, lancia l’ennesimo campanello di allarme contro la produzione e la distribuzione illegale di materiale musicale, individuando nella Rete il pericolo numero uno per il futuro prossimo: solo lo scorso anno, l’IFPI e le sue affiliate nazionali hanno chiuso 15mila siti Web illegali contenenti circa 300mila file musicali non autorizzati. Un mercato in crescita esplosiva, nonostante il drastico ridimensionamento di Napster in seguito alle cause intentate dalle major discografiche (da 2,8 miliardi di download lo scorso febbraio agli attuali 400 mila, vedi news): “Difficile stimarne il giro d’affari o le perdite subite dalle nostre aziende, ma praticamente tutti i miliardi di download avvenuti in rete nel corso del 2000 sono stati illegali”, osserva il presidente dell’organizzazione Jay Berman. <br> Più facile quantificare i volumi di supporti pirata in circolazione: quasi due miliardi di pezzi, che sottraggono alle case discografiche un giro d’affari annuo di 4,2 miliardi di dollari, secondo l’IFPI, con una crescita del 25 % (a 640 milioni di pezzi) di CD contraffatti e CD-R, favorita dalla vasta disponibilità di apparecchi di registrazione a prezzi competitivi. “La pirateria musicale pone oggi all’industria musicale internazionale una minaccia più grande che in qualunque altro momento storico”, conclude il rapporto dell’IFPI, che invoca ai governi mondiali misure urgenti di modernizzazione delle leggi che regolano la distribuzione di musica nei negozi e sul Web.