L’emittenza radiofonica italiana si apre al pluralismo musicale e alla molteplicità dei format? La conclusione è magari forzata, alla luce delle politiche di programmazione adottate tuttora dai network che dominano l’etere nazionale. Eppure, a leggere i dati dell’ultima tranche Audiradio (24 marzo-8 giugno) appena pubblicati, sembra che qualcosa si stia muovendo. Dopo anni di dominio incontrastato della formula hit radio, basata sulla programmazione dei soli successi consolidati e su playlist sempre più “corte”, segnano incrementi significativi le emittenti “specializzate”, dal profilo musicale definito e caratterizzate da scelte meno generaliste: da Radio Capital, che basa il suo palinsesto su una programmazione “adult oriented” di classici pop e rock (+ 7 % rispetto al bimestre precedente di rilevazione; + 15 %, se si prende come dato di riferimento lo scorso anno) a 101 Network, radio “black” e R&B per antonomasia (+ 5 %); da Italia Network (+ 3 %, e in continua crescita da quando ha impresso una decisa sterzata in direzione di una programmazione dance lo scorso settembre ) a Radio Italia Solo Musica Italiana (a suo, modo, anche questo un “format”) o alla stessa RadioTre Rai, capace di stabilizzarsi intorno ai 2 milioni di ascoltatori grazie a una “dieta musicale” bilanciata tra musica classica, canzone d’autore e pop di qualità. Fino ad arrivare a Radio Kiss Kiss, che con il 12 % di incremento (e oltre 1 milione di ascoltatori al giorno) segna il balzo più significativo rispetto al periodo precedente di rilevazione: risultato che alcuni addetti ai lavori attribuiscono proprio ad un atteggiamento più propositivo dei suoi programmatori nei confronti delle novità discografiche, oltre che a uno stile frizzante di conduzione. <br> Non è opportuno comunque trarre dal sondaggio conclusioni troppo drastiche e definitive. Alla base del risultato segnalato dall’indagine Audiradio potrebbero anche esserci motivi contingenti legati alla storia personale di questa o quella radio, o il raggiungimento di “tetti” fisiologici di ascolto difficilmente superabili per quanto riguarda i network “generalisti”. I quali, del resto, continuano a farla largamente da padroni in termini di audience settimanale, nonostante il calo percentuale o la crescita zero registrata nell’ultimo periodo: con Radio Deejay sempre stabilmente in posizione di leader (5,690 milioni di ascoltatori) davanti a RTL 102.5 (4,366 milioni), RDS (4,036), RISMI (3,941) e Radio 105 (3,204 milioni). La radio vive un momento di popolarità stabile (altri 100 mila ascoltatori in più, per un totale di oltre 51 milioni e seicentomila persone al giorno), e per i grandi network questo è un momento delicato di transizione, in cui devono fare i conti con i cambiamenti delle regole del gioco (i recenti blitz della Finanza in Veneto hanno lasciato il segno anche sulle emittenti maggiori, vedi news) e con la necessità di effettuare investimenti infrastrutturali destinati ad assicurarne competitività nello scenario futuro dei media digitali: necessità ed obiettivi che potrebbero anche spiegare la parziale perdita di concentrazione sul fronte del business tradizionale. Tutti o quasi i “player” più importanti (Deejay, RTL, Radio Italia Solo Musica Italiana) si sono lanciati per tempo nell’avventura dei canali televisivi satellitari e sembrano seriamente intenzionati a giocare un ruolo importante nei mercati “convergenti” (tra musica, informazione e immagine) del futuro: con buona pace dei discografici che sembrano faticare sempre di più (e non solo in Italia) a comprenderne le logiche di programmazione e di scelte musicali.