I dati di mercato 2011 per il settore della musica registrata appena pubblicati nel Regno Unito dalla British Phonographic Industry (BPI) offrono uno spaccato interessante sull'evoluzione dei servizi di streaming (gratuiti e a pagamento), da molti ritenuti il modello di business destinato a prevalere nel futuro dell'industria discografica. Le cifre che arrivano dall'Inghilterra - uno dei mercati più evoluti e di maggiori dimensioni al mondo - fotografono però un fenomeno ancora agli stadi iniziali: le royalty che le case discografiche percepiscono da piattaforme a pagamento come Spotify Premium, Napster, We7 ed eMusic valgono infatti al momento solo il 3 per cento dei loro ricavi. Il trend di crescita, d'altra parte, è interessante: dagli 8,6 milioni di sterline incassati nel 2008 si è passati agli 11,8 milioni del 2009, ai 16,3 milioni del 2010 e ai 24 milioni di sterline del 2011 (+ 47,5 per cento) Nel frattempo, le royalty generate dai servizi gratuiti che si sostengono grazie alle inserzioni pubblicitarie (Spotify, YouTube, Last.fm ecc.) hanno già subito una battuta d'arresto, diminuendo dell'1,4 per cento e fermandosi a quota 10,7 milioni di sterline (1,3 per cento del fatturato globale). Le case discografiche avevano incassato 2,4 milioni di sterline nel 2009, di 8,2 milioni nel 2009 e di 10,8 milioni nel 2010.