Continuano le esternazioni sui guadagni irrisori generati dai nuovi canali di diffusione della musica digitale. Dopo i Black Keys, che hanno motivato il clamoroso no al servizio di streaming Spotify con la volontà di continuare a vendere dischi, è ora il manager degli OK Go a mettere il dito nella piaga. Molto seguita dai fan su YouTube (oltre cento milioni di visualizzazioni), la band chicagoana trapiantata a Los Angeles risulta guadagnare pochissimo dalla diffusione virale della sua musica sul popolarissimo portale video. "I ricavi prodotti da YouTube in relazione al numero di stream sono così ridotti che più che di un modello di business lo paragonerei a trovare qualche spicciolo per strada", ha detto brutalmente il manager Jamie Kitman intervenendo qualche giorno fa al MusicTech Summit di San Francisco. Quanto a Vevo (piattaforma gestita dalle major Universal e Sony Music e caratterizzata esclusivamente da contenuti professionali), Kitman ha specificato che "la nostra vecchia casa discografica (la EMI) ha un accordo in essere con la società. Magari viene pagata ed è lei a non pagare noi, e non posso dire esattamente a quanto ammontino gli stream". Il manager degli OK Go ha ammesso che anche le vendite di dischi, per il gruppo americano, risultano essere in calo, e che le vere opportunità economiche nascono dai contratti pubblicitari e di sponsorizzazione come quelli stipulati con Chevrolet e la compagnia di assicurazione automobilistica State Farm. "E' bello che la Chevrolet sponsorizzi un tuo video con un milione di dollari, permettendoti di fare qualcosa di pazzesco", ha spiegato Kitman. "Ma il precedente, il primo passo, consiste nell'avere ottenuto 175 milioni di download. Non tutti possono farlo, e non può essere un modello applicabile ai gruppi emergenti. Vorrei poterlo fare con tutti gli artisti che rappresento ma è difficile anche se si ha a disposizione tutto il tempo del mondo".