Le royalty da "copia privata" applicate agli apparecchi e supporti che riproducono musica e filmati sono perfettamente legittime, secondo il TAR del Lazio che ha rigettato in toto 8 ricorsi proposti contro il decreto del 30.12.2009 con cui l'allora Ministro per i Beni e le Attività Culturali Sandro Bondi rimise mano alla materia estendendo il raggio di applicazione della norma anche a computer, hard disk, schede rimovibili, chiavette usb, iPhone e smartphones. Il prelievo, che comporta sostanzialmente una maggiorazione del prezzo di vendita pagato dal consumatore, serve appunto a determinare una forma di compensazione per autori, editori, case discografiche ed artisti le cui opere possono essere copiate privatamente utilizzando tali apparecchi e supporti: nel caso di iPhones e music phones, ad esempio, la royalty è stata fissata nel 5 per cento del prezzo di vendita; per i pc è stata prevista una tariffa "flat" di 2,40 e 1,90 euro a seconda che siano provvisti o meno di masterizzatore. Grande soddisfazione, a proposito della sentenza del TAR, è stata ovviamente espressa dalla SIAE, incaricata di incassare e ripartire le royalty: secondo la società degli autori "i Giudici Amministrativi, con queste sentenze, che rigettano decine di motivi di impugnazione proposti contro il Decreto, confermano che il sistema italiano che disciplina i diritti di Copia Privata è tra i migliori, se non il migliore, d'Europa perché pienamente rispettoso delle Direttive europee, dei pronunciamenti della Corte di Giustizia e del nostro Ordinamento giuridico nazionale". "Costituisce questo", secondo la SIAE, "un grande riconoscimento di un giusto diritto di autori, editori, produttori, artisti interpreti esecutori a ricevere un compenso, seppur minimo, per la fruizione del lavoro creativo di tante persone ed imprese culturali, attraverso sistemi tecnologici di riproduzione che sempre più massicciamente ricevono successo commerciale proprio grazie alla loro illimitata capacità di riprodurre contenuti. Senza di essi, questi strumenti tecnologici non avrebbero un'anima". Di uguale tenore il commento di Enzo Mazza, presidente della FIMI, secondo cui "questa decisione conferma l'impianto normativo italiano ma soprattutto che la norma è assolutamente bilanciata nel rispetto degli interessi degli aventi diritto, consumatori e produttori di tecnologia". I quali continuano a pensarla in tutt'altra maniera: nel momento di entrata in vigore della nuova norma Stefano Parisi, amministratore delegato di Fastweb e presidente di Asstel (l'associazione di categoria delle imprese di telecomunicazione) definì le nuove royalty come "una tassa ingiustificata".